È un’Europa allargata e rinnovata quella che si sta delineando dopo la guerra scatenata da Vladimir Putin contro l’Ucraina. Al posto della “cortina di ferro”, dal Baltico al Mar Nero c’è una nuova frontiera. Lo evidenzia Giulio Tremonti sulle colonne del Corriere della Sera, in un’analisi in cui sottolinea come il Vecchio Continente stia entrando in una nuova dimensione geopolitica. «La guerra di Putin ha interrotto il movimento che, nella visione prima di De Gaulle e poi di Wojtyła, doveva scorrere sull’Europa, dall’Atlantico agli Urali», spiega l’ex ministro dell’Economia. Questo movimento negli anni passati si era materializzato col “gas stream”, «anticipo di un sempre più forte collegamento mercantile e politico tra la Russia ed una parte dell’Europa. Anche questo è finito con la guerra».



Il conflitto in Ucraina sta cambiando l’Unione europea, che non potrà più camminare volgendosi indietro. «O l’Europa si unisce per il meglio del suo possibile futuro o si disgrega nel peggio del suo passato. Ancora una volta è la guerra a fare da levatrice della storia». Quell’Europa che si è unita sul mercato comune prima e sulla moneta comune poi, ora «deve allargarsi ed unirsi in una nuova dimensione geopolitica: non verso gli Urali, ma a fronte della Russia». Per Tremonti l’allargamento ad Est è «necessario quanto difficile», ma non automatico. «Non è infatti sufficiente parlare di allargamento o manifestare verso l’allargamento una benevola od astuta o solo convenzionale intenzione». Quello che serve, invece, è impegno politico, che cambi l’Ue «nel suo hardware costituzionale quanto nel suo software politico».



TREMONTI: “COME DEVE CAMBIARE L’EUROPA”

Per quanto riguarda quello che Giulio Tremonti definisce «hardware costituzionale dell’Unione», prima di estendere un edificio va ristrutturato, per evitare che crolli. «Se vuoi un allargamento esteso a 35 unità statali non puoi riservare a ciascuna un equivalente potere di voto e di veto, tra l’altro considerando che ogni anno su 35 Stati almeno 7 od 8 saranno impegnati in campagne elettorali nazionali, con i conseguenti naturali effetti di sospensione o di blocco delle decisioni», scrive l’ex ministro sul Corriere della Sera. In merito invece al “software politico“, Tremonti fa notare qualcosa di poco diplomatico, ma necessario: «Oggi in Europa ci sono 2 Europe, una ad Ovest, l’altra ad Est. La prima è assolutamente, dogmaticamente “democratica”».



L’altra, invece, è «ancora basata su tradizioni che sono fuori da questa metrica politica». Ma la democrazia non è qualcosa da esportare, bensì un processo che si sviluppa nel tempo. Pertanto, Tremonti suggerisce di lasciar perdere la retorica, «serve davvero la politica e per la politica non servono né le élite né i tecnici». L’economista sottolinea che alla gente non importa del Mes, comprende invece la necessità di una difesa europea. «In questo momento storico tutto ci spinge dunque e senza alternative verso l’evoluzione della nostra attuale Unione verso un’idea confederale dell’Europa». Per Tremonti la ricetta è unire il necessario: politica estera e difesa. Ciò che non è necessario va lasciato agli Stati.