Il prezzo resta una variabile nevralgica per 7 consumatori su 10, ma il Covid ha cambiato la prospettiva nelle scelte alimentari degli italiani. Che oggi dicono di essere guidati tra gli scaffali dei supermercati da altri due driver emergenti: salute e sostenibilità. A documentarlo è il nuovo report di Deloitte The Consciou Consumer, che raccoglie il parere di oltre 17.000 consumatori in 15 Paesi europei (Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e UK). Dallo studio emerge infatti che ben l’86% dei consumatori dell’Ue al momento di fare la spesa si lascia orientare dal criterio della salute, seguito da quello della sostenibilità, indicato dal 70% degli intervistati. Un risultato – nota sempre la survey – frutto di una dinamica crescente, che ha trovato spinta a partire dall’inizio della pandemia.



E che ha certamente impattato anche in Italia: la consapevolezza della relazione tra nutrizione e salute trova, infatti, conferma nel comportamento dei nostri connazionali che, da un lato, si dicono più interessati all’influenza che l’alimentazione può avere sulla propria salute (69%) e, dall’altro, dichiarano di aver modificato i propri comportamenti d’acquisto alla luce delle nuove priorità. E non si tratta solo di teoria. Lo studio di Deloitte rileva infatti un maggiore impegno degli italiani verso un’alimentazione più sana: i nostri connazionali privilegiano infatti una dieta costruita su un maggiore apporto di verdura (64%) e una minore presenza di carne (51%). E prediligono i prodotti locali (64%). Ma non solo. In questo scenario – avverte la ricerca – si inseriscono altri due trend: l’aumento dei pasti confezionati a casa (54%) e la maggiore attenzione al risparmio di packaging, impiegato per esempio nel delivery (47%), nel tentativo di ridurre gli sprechi.



Un cambiamento deciso, insomma, che promette di avere precisi risvolti anche sui conti tanto delle famiglie quanto delle aziende considerato che il 79% degli intervistati italiani afferma di essere disposto a pagare almeno il 5% in più per generi alimentari locali, il 78% per alimenti sostenibili, il 76% per cibi biologici e fair trade, ovvero per articoli frutto di un commercio equo e solidale.

Il ruolo dei supermercati

In questa fase di evoluzione, naturalmente, il consumatore non manca di ricercare informazioni in tema di salute e benessere alimentari. In questo caso, però, emerge qualche nota dolente. Gli italiani si affidano infatti soprattutto agli esperti di settore e al web, seguiti dalle strutture e dal personale sanitario. Solo l’11% invece considera un punto di riferimento i supermercati, che pur rappresentando il luogo di incontro diretto tra domanda e offerta, sono reputati fonti attendibili solo dal 17% degli intervistati. Una lacuna che i clienti si aspettano venga presto colmata. Alla distribuzione viene infatti chiesto di recitare un ruolo più attivo nel guidare le scelte salutari e sostenibili. “In Italia, – afferma Enrico Cosio, Retail, Wholesale & Distribution Sector Leader di Deloitte Italia – quasi sette consumatori su dieci pensano che le caratteristiche di impatto ambientale come le informazioni sull’insalubrità dovrebbero essere riportate chiaramente sulle confezioni. E il 51% dei consumatori italiani è d’accordo con l’esclusione dei prodotti poco salubri dagli assortimenti dei supermercati”.



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