Sul tavolo tra governo e regioni per la riapertura delle scuole c’è il nodo del trasporto locale, ancora irrisolto, che oggi sarà oggetto di un ulteriore incontro. La questione principale è che il Comitato tecnico-scientifico non vuole derogare sul metro di distanza, e anche quando questo accadrà, vuole che il viaggio sugli scuolabus a piena capienza (ovvero riempiti di studenti) non duri più di 15 minuti. Una pretesa con seri problemi di fattibilità.
Ne abbiamo parlato con Andrea Gibelli, presidente del gruppo Fnm e di Asstra, l’associazione nazionale del trasporto pubblico locale. “Siamo all’ultimo momento, dobbiamo fare con quello che abbiamo. Comprare nuovi mezzi ora è tecnicamente impossibile, anche in deroga alle normative”. Il rischio è che nelle aree rurali del paese gli studenti non riescano a raggiungere la scuola. Il Cts dovrà cedere sui 15 minuti? “Qualsiasi deroga è vista positivamente. Diversificare l’orario di ingresso in classe è una soluzione, ma non basta. Servirà un uso maggiore dello smartworking non solo per gli studenti, ma anche per gli altri lavoratori. Altrimenti molti resteranno a piedi”.
Miozzo, coordinatore del Cts, ha detto che “il viaggio degli studenti su uno scuolabus alla massima capienza deve restare sotto il quarto d’ora”. Sembra un punto imprescindibile per il Cts. Vi adatterete?
Il problema è che fino a luglio la possibilità dei “15 minuti” non era stata neanche presa in considerazione, e il metro di distanza era descritto come una precauzione imprescindibile. Mi sembra che a seconda della gravità del problema da risolvere l’asticella della sicurezza si abbassi.
Lei ci aveva detto che l’apertura delle scuole avrebbe comportato un aumento dei passeggeri totali del 20-25%. Che impatto avrà?
Bisogna partire dai numeri che le ho dato interpretandoli non come una media ma come un indicatore di massima tra situazioni che variano molto da zona a zona. Il problema è che alle condizioni di oggi il 20-30% degli studenti potrebbero restare a piedi, nelle ore di punta.
Come si può evitare tutto questo, specialmente nelle aree più rurali dove è difficile alzare il numero di corse e restare sotto i 15 minuti di percorrenza?
Con la differenziazione degli orari di tutti, anche del mondo del lavoro, e considerando lo smartworking come un elemento di alternativa strutturale allo studio o al lavoro in presenza, così da spostare il 10-20% delle persone dalle ore di punta alle altre fasce orarie meno congestionate e consentire ai mezzi pubblici di affrontare il problema. Oggi il trasporto locale viaggia col 50-60% della capienza e i mezzi sono saturi: aggiungendo gli studenti si superare la soglia critica.
Quindi una parte degli studenti dovrebbe tornare a seguire le lezioni a distanza?
Potremmo immaginare che gli studenti sopra i 16 anni, non prima per questioni di maturità, facciano dei cicli scolastici in remoto. Capisco che non sia bellissimo, ma visti i tempi dobbiamo fare con i mezzi che abbiamo.
A proposito di mezzi. È possibile aumentare la flotta di autobus e treni del trasporto locale così da consentire il distanziamento? E in che tempi?
Non è realistico, al di là della disponibilità di eventuali risorse straordinarie. Per fare un treno ci vogliono venti mesi e per fare un autobus qualche mese, al di là del modello. Quindi anche se domani mi danno i soldi per comprare i bus, li avrei tra 6 mesi. Anche perché non potrei andare in affidamento diretto: è vietato.
Ma con la possibilità di acquistare mezzi senza i normali tempi di gara, il tempo basterebbe? Toti ha chiesto di poter comprare bus e treni in deroga.
Toti deve dirmi da chi li vuol comprare. Al di là delle norme, anche se si procedesse col modello Ponte Morandi, servirebbero comunque mesi, l’outlet degli autobus non esiste. Glielo dico da presidente di Ferrovie Nord Milano (gruppo che controlla Trenord, ndr): ho comprato 161 treni, la gara è iniziata nel 2016, l’ultimo treno arriverà nel 2025, e ho rispettato i tempi di gara riducendoli al minimo. Ma i cicli di produzione hanno i loro tempi.
Avere più treni non è una soluzione fattibile.
È una soluzione da escludere per settembre, ma se si ipotizza un aumento della flotta in modo straordinario da fare nel 2022 io sono solo contento.
Lei pensa che alla fine il governo derogherà sulla capienza, alzandola dal 50-60% attuale?
Come dicevamo noi di Asstra dall’inizio, si finirà per risolvere il problema trattando il trasporto pubblico come gli aerei, che da subito viaggiavano a piena capienza per una loro presunta capacità di ricambio dell’aria, oggi riconosciuta anche ai mezzi pubblici. Che rispetto agli aerei hanno un vantaggio un più: fanno viaggi brevi, con frequente apertura delle porte per un ricambio di aria significativo. Su un aereo, dove il viaggio dura minimo un’ora, non può succedere.
Oppure, come qualcuno nel governo propone, si può ampliare il concetto di congiunti includendovi i compagni di classe e alzare i tempi di percorrenza a piena capienza oltre i 15 minuti. Qualcosa si farà, perché altrimenti nelle zone rurali del paese i bambini non andranno a scuola.
Tutte le deroghe possibili in questa fase emergenziale sono valutate positivamente.
Anche il presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, Antonello Giannelli, ha espresso preoccupazione per la mancata intesa tra governo e regioni sul trasporto pubblico locale. Vi siete sentiti?
Come Asstra ci siamo parlati e abbiamo condiviso le preoccupazioni. L’elemento che ci accumuna è la mancanza di tempo. Le nostre esigenze sono diverse, noi abbiamo problemi a garantire il servizio, loro hanno difficoltà nell’organizzare la settimana scolastica, ma parlarsi fa sempre bene. Attendiamo entrambi indicazioni dal governo da prima di agosto.
La riunione di domani riuscirà a darvele?
Me lo auguro.
(Lucio Valentini)