L’udienza del processo Open Arms è stata caratterizzata anche dalla deposizione di Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta, ex ministri M5s con Matteo Salvini nel governo Conte I. Il leader della Lega è accusato del sequestro dei 147 migranti a bordo della nave della Ong spagnola nell’estate 2019. All’epoca dei fatti, “si sapeva che la mozione di sfiducia del governo era pronta e Salvini, che ormai agiva in totale autonomia, era in compagna elettorale. Si stava cercando di monetizzare il consenso, stressando un argomento molto sentito come quello dell’immigrazione. Fu lui a decidere il divieto dello sbarco“. Questa la posizione dell’allora ministro delle Infrastrutture. La sua testimonianza è stata condita da momenti di tensione con Giulia Bongiorno, senatrice Lega e legale di Salvini.
“Mi spiace dirlo, ma lei, signora avvocato, ha detto una falsità. Non c’è mai stato un Consiglio dei ministri con all’ordine del giorno la questione che trattasse il caso Open Arms o qualsiasi altro caso di sbarco di una Ong“, ha replicato Toninelli. L’avvocato Bongiorno dal canto suo ha evidenziato come il teste sia anche imputato in un processo per diffamazione a Roma per alcune dichiarazioni che peraltro la riguardano.
TRENTA “MI RIFIUTATI DI FIRMARE DECRETO”
In aula ha deposto anche Elisabetta Trenta, che come Danilo Toninelli non ha mai firmato il nuovo decreto di divieto di sbarco preparato da Matteo Salvini. “Non firmo in nome dell’umanità: confermo che mi rifiutai di firmare il secondo decreto che reiterava senza modifiche il precedente bocciato dal Tar, nel frattempo, anzi, le condizioni dei migranti si erano ulteriormente aggravate“, ha affermato l’ex ministro della Difesa. Riguardo, invece, all’informativa fantasma ha precisato di non essere “a conoscenza di questi documenti sull’attività del sommergibile della Marina militare“. Per quanto riguarda il rischio terrorismo, Trenta ha aggiunto di non aver avuto informazioni in tal senso. “Ma seppur in presenza di eventuali terroristi a bordo, ritenevo bisognasse procedere al trasbordo dei migranti e procedere contestualmente a tutti gli accertamenti del caso: ritengo che le nostre battaglie politiche non debbano ricadere sulle vite dei più fragili e che le vite umane debbano essere sempre rispettate“. La deposizione è stata giudicata “pittoresca” da Matteo Salvini. Il secondo decreto, comunque, non fu firmato neanche da Toninelli. “Non aveva senso fare un altro decreto per farselo respingere nuovamente“.
TONINELLI “OPEN ARMS? VARIE VIOLAZIONI DI LEGGE”
L’ex ministro M5s ha evidenziato: “Un conto è la linea politica e io da ministro condividevo la linea politica di una maggior condivisione a livello europeo della ridistribuzione dei migranti, ma tutto questo si ferma e si conclude nella responsabilità amministrativa dei singoli“. Invece, dal momento della richiesta del Pos (Place of Safety, il porto sicuro, ndr) “entra in gioco la responsabilità del ministero: due cose completamente diverse. In mare salvare vite umane è obbligatorio. Chi vede qualcuno che affoga deve prestare soccorso“. Danilo Toninelli ha dichiarato in aula di aver dato la disponibilità a far scortare Open Arms in un porto spagnolo. “Fui contattato dal mio omologo spagnolo che si era detto disponibile all’apertura di un pos che però, poi, non andò a buon fine. Eravamo anche disposti ad accompagnare i migranti in un porto spagnolo. Da ministro cercai di fare di tutto per trovare una soluzione definitiva. Se alla richiesta di pos si fosse aperto un porto italiano, non avrei offerto la disponibilità di portare i profughi in Spagna, l’ho fatto solo perché il Viminale non concedeva un porto italiano“. Quando l’avvocato Giulia Bongiorno lo ha incalzato su alcune affermazioni social, Toninelli ha ammesso che “ci furono varie violazioni di legge, la Ong spagnola non si comportò in maniera corretta“. Open Arms si difende: “Toninelli dovrà dimostrare le sue affermazioni. Abbiamo attivato tutte le procedure di legge o non saremmo qui. Ma siamo contenti che si possa fare luce sul nostro operato e su quello di tutte le Ong“.