Il Tribunale dell’Aia ha aperto una indagine per crimini di guerra in Ucraina. L’annuncio, come riportato da Agi, è arrivato tramite il procuratore della Corte penale internazionale dopo che 39 stati parte della CPI hanno dato il proprio consenso. L’indagine riguarderà tutti gli atti commessi a partire dal 21 novembre 2013 fino ad oggi, per cui non soltanto quelli che sono da ricondurre al conflitto attualmente in corso con la Russia.



“Ho appena notificato alla presidenza della CPI la mia decisione di aprire immediatamente un’indagine sulla situazione in Ucraina”, ha affermato il procuratore capo, il britannico Karim Khan. “Il nostro lavoro di raccolta delle prove è iniziato. Tra i paesi che hanno dato il loro via libera: tutti i membri dell’Unione Europea, ma anche Australia, Canada, Nuova Zelanda e Svizzera. Anche paesi dell’America Latina come la Colombia e il Costa Rica hanno dato la loro approvazione”. Inoltre, ha aggiunto di ritenere che ci sia una “base ragionevole” per ritenere che i crimini commessi in Ucraina rientrino nella giurisdizione della Corte penale internazionale.



Tribunale dell’Aia apre indagine per crimini di guerra in Ucraina: nel mirino non soltanto Vladimir Putin

Il Tribunale dell’Aia, nell’aprire una indagine per crimini di guerra in Ucraina, ha precisato che quest’ultima riguarderà atti commessi a partire dal 21 novembre 2013. In tal modo, come riporta Agi, il procedimento coinvolgerà “tutte le accuse passate e presenti di crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio commessi in qualsiasi parte del territorio dell’Ucraina da qualsiasi persona”. A ribadirlo è stato anche il procuratore capo, il britannico Karim Khan, il quale ha rassicurato che l’indagine verrà condotta “in modo obiettivo e indipendente” e che punterà a “individuare responsabilità per i crimini che rientrano nella giurisdizione della CPI”.



L’Ucraina non è tra i Paesi membri della Corte penale internazionale, ma nel 2014 ha accettato la sua giurisdizione. La Russia, invece, ha ritirato la sua adesione allo Statuto di Roma.