Mentre il governo Meloni lavora alla Misura di inclusione attiva (MIA), che dovrà sostituire il Reddito di cittadinanza, Pasquale Tridico nega che sia stato calcolato il numero delle persone che perderanno tale sussidio con l’introduzione della nuova misura. «Il ministero ha in mano il dossier e immagino darà presto questa stima», ha dichiarato il presidente dell’Inps a margine di una conferenza stampa a Napoli con il governatore De Luca. Secondo alcuni calcoli fatti dalla stampa, a rischiare è il 25% dell’attuale platea di beneficiari, ma non essendoci certezze sulle modifiche che intende varare il governo, allora è difficile prevedere quante persone resteranno escluse.
Inoltre, Pasquale Tridico ritiene che si debbano seguire «le indicazioni della Commissione Europea, ovvero la proposta di raccomandazione del settembre 2022 che prevede un reddito minimo per tutti». Chi è al di sotto di una certa soglia dovrebbero avere un reddito secondo Tridico. «Questo è quello che prevede la Commissione Europea e penso che sia giusto. Al momento però ci sono solo indiscrezioni sulla nuova misura ed è giusto aspettare la bozza definitiva», ha aggiunto il numero uno dell’Inps.
TRIDICO “REDDITO MINIMO PER TUTTI”
A prescidere dai numeri, Pasquale Tridico ha spiegato che bisognerebbe seguire le indicazioni che arrivano dall’Europa per modificare la misura. «Io penso che si dovrebbero seguire un po’ le indicazioni della Commissione europea». Tra le raccomandazioni dello scorso settembre c’era quella di «un reddito minimo per tutti», per il quale l’Italia dovrà fare i conti con le direttive della Commissione europea. «Mi sembra effettivamente una grande criticità». Per il presidente dell’Inps ci sono luci e ombre. «Per i cosiddetti non occupabili cambia poco, il Reddito di cittadinanza si conferma essere fondamentale come contrasto alla povertà. C’era da fare un lavoro sulle politiche attive, su tutto ciò che c’è attorno alla misura e su questo mi sembra che vada nella giusta direzione». Tridico ha ricordato che in Italia ci sono tanti inattivi. «Abbiamo progetti di inclusione che spesso non vengono svolti da Comuni e centri per l’impiego, qui mi sembra che ci sia una spinta molto forte in questa direzione».