Gli incontri tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy e le associazioni degli industriali del largo consumo per arrivare a un’intesa sull’adesione di questi ultimi al trimestre anti-inflazione che dall’1 ottobre al 31 dicembre punta a calmierare i prezzi di alcuni prodotti di base del carrello della spesa, hanno portato frutto. Centromarca, Federalimentare, Ibc e Unione Italiana Food hanno annunciato di avere sottoposto all’attenzione del Ministro Adolfo Urso “una lettera di intenti congiunta che è stata recepita favorevolmente per il contributo attivo che potrà dare al più ampio piano di contenimento dell’inflazione definito dal Mimit”.
Nel documento le associazioni si impegnano su due fronti. Il primo consiste nel “dare ampia informazione presso le proprie associate su ogni iniziativa sviluppata dal Ministero in merito alla lotta all’inflazione”. Il secondo prevede invece l’impegno a “chiedere alle proprie associate di valutare, nel rispetto della libera concorrenza e della strategia di ciascuna impresa e su base volontaria, di sviluppare, limitatamente al periodo di riferimento ottobre/dicembre 2023, iniziative di politica commerciale tese a contrastare l’inflazione dei suddetti prodotti, laddove sia ritenuto praticabile dalla singola azienda dal punto di vista della sua sostenibilità economica”.
E qui sta l’elemento nevralgico dell’intesa, che si caratterizza per una impronta volontaristica. Le aziende associate, infatti, “su base individuale – recita il documento proposto e accolto -, valuteranno di poter sviluppare iniziative in tal senso, le proporranno alle imprese della GDO, nel rigoroso rispetto della normativa sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare”. E sulla base di questa libertà di strategia “ogni azienda – conclude il documento – valuterà l’impatto, in senso positivo o negativo, sui propri conti economici causato dall’andamento dei costi di produzione, influenzati dal prezzo delle materie prime, dell’energia, della logistica e degli imballaggi”.
L’industria insomma apre uno spiraglio, ma non aderisce tout court all’iniziativa proposta dal Mimit e sottoscritta invece nel mese di agosto dalla parte distributiva. Piuttosto, i produttori cercano di guardare più avanti della ristretta prospettiva del 2023 e lo fanno chiedendo l’istituzione di uno “specifico tavolo di lavoro interministeriale sul largo consumo al quale dovrebbero essere rappresentate, oltre all’industria di trasformazione, tutte le componenti della filiera, a partire dai fornitori di materie prime e dei servizi energetici, i rappresentanti della logistica, degli imballaggi e la distribuzione”. Uno strumento che, nelle attese delle associazioni industriali, potrebbe essere utile per “affrontare, in un’ottica di medio e lungo termine, le problematiche del settore, con l’obiettivo di accrescere competitività ed efficienza delle aziende, aumentare la semplificazione dei processi produttivi e distributivi e incrementare la concorrenza, a tutela prima di tutto dei cittadini e delle loro famiglie”.
La lettera di intenti presentata dalle associazioni rappresenta insomma un passo in avanti complessivo per l’intero comparto alimentare e pertanto, in ultima istanza, per i consumatori. “La volontà del ministro Urso di coinvolgere tutte le componenti della filiera in uno sforzo comune – affermano Francesco Mutti, presidente di Centromarca e Flavio Ferretti, presidente di Ibc – è stata determinante per catalizzare l’ampio confronto, promosso da Centromarca e Ibc, nel mondo associativo industriale che ha portato alla redazione della lettera di intenti condivisa e accettata oggi”. E soddisfazione è espressa anche dal Presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino: “La firma conferma il grande senso di responsabilità dell’industria alimentare italiana sia verso il Governo che verso i consumatori”. Va infatti ricordato che il contesto non è certo favorevole: “Secondo l’ultima analisi fatta dal Centro Studi di Confindustria – ricorda Mascarino – il margine lordo del settore industriale alimentare si è molto ridotto, passando dal 10,3% medio nel 2019 al 5,7% nel 2022, segno evidente che le imprese hanno dovuto assorbire internamente parte dei maggiori costi della spirale inflazionistica non scaricandoli sul consumatore finale”.
La strada da percorrere è dunque ancora molta. E da qui l’appello: “Auspichiamo che il Mimit – affermano Mutti e Ferretti – convochi al più presto il tavolo di lavoro, così da poter mettere a fuoco e affrontare le innumerevoli criticità che generano inefficienze e quindi costi all’interno della filiera dei beni di consumo”.
Intanto, però, le associazioni dei consumatori esprimono perplessità sull’iniziativa. “In assenza di controlli, il paniere anti-inflazione voluto dal Governo rischia di rimanere una arma spuntata e di non incidere sulla vita concreta degli italiani, alleggerendone la spesa quotidiana – afferma il Codacons davanti all’annuncio dell’accordo sul paniere -. In attesa di conoscere i dettagli sull’accordo, ossia quali prodotti saranno inseriti nel paniere, con quali sconti e l’elenco degli esercizi aderenti, i controlli devono scattare da subito, e il ministro Urso deve impegnarsi attivamente per impedire ulteriori rincari anche prima di ottobre. Il rischio, infatti, è che i produttori/distributori approfittino della finestra temporale ‘libera’ fino a ottobre per alzare i prezzi, per poi rispettare le indicazioni dell’accordo a guadagno ottenuto”.
E ancora più critica è la posizione dell’Unione nazionale consumatori: “Quali impegni precisi ha preso il settore industriale?” si chiede il presidente Massimiliano Dona, che incalza: “C’è un elenco dettagliato dei prodotti per i quali ci sia un obbligo di tutta la filiera a ridurne i prezzi praticati, tornando ad esempio a quelli del 2021? Oppure la bozza è ancora quella da noi visionata in cui ci si impegna a diventare più buoni, senza dire come, lasciando a ogni attore la possibilità di scegliere gli articoli del carrello della spesa che preferisce, magari quelli che già stanno scendendo di prezzo? C’è, per esempio, un impegno delle industrie a non ingannare i consumatori con le pratiche della shrinkflation e dell’overpackaging che danneggiano il potere di acquisto delle famiglie dato che le ingannano sul prezzo effettivamente praticato, mascherando i rincari? Un danno soprattutto a carico degli anziani, di chi tornando dal lavoro ha fretta di fare la spesa, che colpisce generi alimentari e articoli di prima necessità. Il ministro, se non vuole limitarsi ad autoincensarsi, pubblichi oggi sul sito del Mimit l’accordo raggiunto”.
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