Joe Biden ha dato il proprio benestare a un enorme progetto di trivellazioni petrolifere in Alaska, meglio noto come “Willow”, nonostante le numerose polemiche dovute al suo probabile impatto ambientale e climatico. Come riportato dal “New York Times”, le trivellazioni avverrebbero all’interno della riserva petrolifera che si trova a circa 200 miglia a nord del Circolo Polare Artico. Essa, priva di strade, è la più grande distesa di terra incontaminata del Paese.



Tradotto in termini economici, si tratta di un piano da 8 miliardi di dollari guidato dal gigante petrolifero ConocoPhillips e che avrà il potenziale di produrre oltre 600 milioni di barili di greggio nell’arco di 30 anni. Il punto è che bruciare tutto quel petrolio potrebbe rilasciare nell’atmosfera quasi 280 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio, quantità che su base annua si tradurrebbe in 9,2 milioni di tonnellate di inquinamento da carbonio, pari all’aggiunta di quasi due milioni di automobili sulle strade ogni anno.



TRIVELLAZIONI IN ALASKA, ATTIVISTI PROTESTANO: “BOMBA DI CARBONIO”

Ancora il “New York Times” ha sottolineato come Biden abbia ricevuto forti pressioni da parte dell’industria petrolifera e dei legislatori dell’Alaska affinché approvasse il progetto “Willow”. Alcuni dei suoi sostenitori, tra cui i sindacati, i costruttori edili e alcuni residenti del North Slope, si legge nell’articolo, “hanno affermato che il progetto creerebbe circa 2.500 posti di lavoro e genererebbe fino a 17 miliardi di dollari di entrate per il governo federale. Anche la maggior parte dei gruppi indigeni dell’Alaska, tra cui la prima nativa dell’Alaska eletta al Congresso, Mary Peltola, sostiene il progetto”.



Non sono dello stesso avviso gli attivisti ambientali e la comunità di nativi americani più vicina al sito di Willow, i quali hanno contrastato le trivellazioni con proteste, campagne online e incontri con i funzionari. Gli attivisti per il clima hanno poi dichiarato di essere contenti che il presidente Biden intenda proteggere l’Artico (dovrebbero entrare in vigore restrizioni radicali sulla locazione di petrolio offshore nell’Oceano Artico e sulla costa settentrionale dell’Alaska), ma sono indignati dal fatto che abbia approvato un progetto che definiscono una “bomba di carbonio”.