Se gli storiografi fossero generosi e anche un po’ ironici, intitolerebbero a Maurizio Gasparri una “giornata per l’Europa”, a solennizzare il giro di boa che segna l’avvento felpato ma sostanziale della Trojka nel governo del nostro Paese. Già, perché mentre tutti guardano il dito del Recovery Fund, o meglio dei patetici contorcimenti del governo per stilare il piano che l’Europa ci chiede prima di scucire i soldi indispensabili alla ripartenza, qualcuno guarda la luna: quella sentenza della Corte di giustizia europea – sissignore, europea – contro la legge simbolo del vero compromesso storico italiano che ha retto (si fa per dire: sarebbe più giusto “devastato”) l’Italia per vent’anni, dal 1994 al 2014, dalla prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi al patto del Nazareno tra il medesimo e il figlio che avrebbe voluto generare, Matteo Renzi.



La legge Gasparri è stata promulgata nel 2002 per “mantenere inalterato l’assetto duopolistico Rai-Mediaset”, come disse l’allora segretario del Pd Piero Fassino. Cioè la legge dell’inciucio, la legge dello status quo, degli equilibri condivisi tra tutti i partiti.

Ebbene: la legge Gasparri, estremo baluardo del consociativismo televisivo italiano che ha retto (si fa per dire: sarebbe più giusto “devastato”) l’Italia per vent’anni, prevedeva anche il divieto di controllare contemporaneamente una società emittente di canali televisivi e una società telefonica. Ma questi divieto è stato sgretolato della Corte di giustizia europea. Che con tempi indecenti quasi quanto quelli standard della giustizia italiana, ha fatto una pernacchia all’indirizzo di vent’anni di consociativismo e ha detto: chi vuole comprar tutto – Mediaset ma anche Tim, ad esempio – può serenamente farlo, basta che abbia i soldi. Ed è quel che si sta chiedendo in queste ore il vincitore (non “morale”, perché non è provato che abbia una morale) di questa bega: Vincent Bollorè, magnate francese del gruppo Vivendi-Canal Plus e patron dei porti commerciali africani. Bollorè si sta chiedendo se ha senso investire i soldi che servirebbero per acquisire il controllo sia di Mediaset che di Tim – le due società in cui ha acquisito due robustissime minoranza – oppure non ha senso.



Fine dell’esempio. Inizio della riflessione: se il pilastro legislativo del compromesso tra destra e sinistra di governo che ha retto vent’anni viene spazzato via dalla sentenza di una corte di giustizia distante e indifferente alle lobbine italiane, pensiamoci: la nostra sovranità (citofonare Salvini) è già limitata. Limitatissima. E non solo in materia economica: magari! In tante altre materie.

E dunque? Dunque, è questa la polizza vita di Giuseppe Conte, per Trump Giuseppi, l’avvocato degli italiani secondo la sua autodefinizione. Il governo guidato da Conte ha dovuto finora autorizzare 100 miliardi di extradeficit per le prime, e maldestre, provvidenze erogate a causa del Covid. Questo extradeficit verrà finanziato (e già in parte lo è stato) emettendo titoli di Stato ad un rendimento che lo spread non pretende troppo più alto della media europea. Perché? Perché queste emissioni di titoli di Stato italiani non hanno bisogno di sedurre nessuno, per trovare compratori; finiscono in buona parte con l’essere acquistate dalla Banca d’Italia su autorizzazione della Bce. Nel quadro della politica di tutela dell’euro varata dalla Banca centrale europea.



Diciamola bella brutale: se lo Stato italiano non è fallito, se sta pagando ancora stipendi e pensioni, lo si deve alla Bce. E se le agenzie di rating sonnecchiano e non stanno ancora declassandoci per il nostro extradebito lo si deve probabilmente alla moral suasion del Fondo monetario internazionale. E se il 2021 potrebbe essere un anno di ricchissimi investimenti pubblici, in Italia, lo si deve soltanto alla Commissione europea.

Quindi dipendiamo già dalla Bce, dal Fondo monetario internazionale dalla Commissione europea. La Trojka famigerata. La stessa che qualche anno fa ha afferrato per il collo la Grecia come fa un teppista come un gatto e l’ha ricondotta a miti consigli imponendole sacrifici sul fronte del welfare che nessun governo davvero autodeterminatosi avrebbe osato fare. Solo che con la Grecia c’era – a legittimare un intervento della Trojka in modalità militare, c’era stato un clamoroso falso in bilancio, una truffa internazionale perpetrata ai danni della stessa Unione Europea. Noi siamo un po’ meno gaglioffi dei greci – stessa faccia, stessa razza, diversi conti correnti – e non siamo a questo punto, ma già comandano loro sulle cose che contano davvero. E dunque se il governo italiano non eseguirà pedissequamente – anche se magari non celermente – le direttive di questa Trojka di velluto, scatterà prima o poi magicamente quel fattore esterno che oggi nessuno osa pronosticare a breve termine, e cioè un governo di solidarietà nazionale, magari presieduto da un Mario Draghi, impostoci dall’Europa.

Non dobbiamo dolercene troppo: nessuna Trojka saprebbe far peggio di un governo sorretto dai Cinquestelle. Quelli sono tre, questi poco di più ma molto molto più dannosi.