Sobrio e rigoroso sempre, dunque mai casuale. Nell’arruffata rissa permanente tra i partiti della coalizione di governo sulla manovra 2020 ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha deciso di intervenire da par suo, “parlando a nuora perché suocera intenda”. Ha colto l’occasione di un messaggio che ha voluto inviare al presidente della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna) Daniele Vaccarino. E ha fatto capire chiaro e tondo che così com’è impostata, sul fisco, la bozza di manovra non va bene. Leggiamo: “Le istituzioni, insieme alle parti sociali, debbono accompagnare” il percorso di innovazione e digitalizzazione delle piccole imprese “con una strategia complessiva, assicurando un ambiente che favorisca l’imprenditorialità e lo sviluppo sostenibile, incluse regole semplici, amministrazioni efficienti ed una fiscalità equa, che non distorca la concorrenza tra operatori”.



Una fiscalità equa: fin qui, ovvio. Meno ovvio se lo sottolinea il capo dello Stato, implicitamente mettendo in dubbio che oggi lo sia, o lo resti dopo la manovra in discussione. Ma leggiamo ancora: “che non distorca la concorrenza tra operatori”, aggiunge l’uomo del Colle.

E qui c’è da fare un salto. Perché sappiamo tutti qual è la fiscalità iniqua e distorsiva, oggi. Anzi: quali sono. Innanzitutto la non-fiscalità dei giganti americani del web: Google, Amazon, Facebook e Apple pagano pochissime tasse nei paesi dove vendono i loro prodotti e servizi – Italia compresa – e concentrano i redditi tassabili in pochi paradisi fiscali, a cominciare dall’europeissima Irlanda, dove possono cavarsela pagando due fichi e un peperone. E poi varie altre fiscalità di vantaggio che spesso premiano soggetti immeritevoli drenando risorse che potrebbero essere assai meglio allocate.



Dunque il richiamo del Colle è forte. Le imprese vanno agevolate nel loro arduo compito di creare benessere. Le istituzioni devono assicurare loro un ambiente che favorisca l’imprenditorialità, e non la scoraggi come invece accade oggi. 

In quelle tre formule: “regole semplici, “amministrazioni efficienti” ed “una fiscalità equa”, c’è scritto in realtà tutto quello che questa bozza di manovra non è, velleitaria, confusa e sostanzialmente astensionista qual è, salvo nel tentativo di proporsi da subito come digeribile per la Commissione europea dove, se mai la si varerà, a vigilare sui conti pubblici degli Stati membri non ci sarà più l’occhiuto e antipatizzante Pierre Moscovici, ma il bonario e italianissimo Paolo Gentiloni.



Dal messaggio di Mattarella agli artigiani si evince legittimamente che il capo dello Stato non considera questa manovra propulsiva per l’imprenditorialità, ovvero per il solo settore economico in grado di trainare la crescita e l’occupazione. È un appello forte e chiaro rivolto dal Colle al governo. Ammesso e non concesso che ci sia qualcuno pronto a raccoglierlo.