La Lombardia (e forse non solo) rischia la seconda ondata di coronavirus: dopo che i numeri nella fase 3 non sembra abbassarsi come previsto, gli esperti dell’Università di Genova – che già dalla fase 1 studiano l’evoluzione della pandemia attraverso un complesso modello matematico – lanciano l’allarme sulla Regione più colpita dal Covid-19. O meglio, «Non è un allarme, ma chiediamo che venga innalzato il livello di attenzione: il virus circola ancora» spiega Andrea De Maria, professore associato di Malattie infettive all’Università di Genova, nell’intervista odierna di Repubblica dove vengono svelati i primi risultati del modello elaborato assieme a Flavio Tonelli, professore di Simulazione dei sistemi complessi nello stesso ateneo, e all’esperto di sviluppo di modelli software Agostino Banchi.
In sostanza, «Se ci si concentra sulla Lombardia e al Nordovest, si vede che rispetto alla discesa prevista dal nostro modello si assiste a un tendenziale aumento dei casi»: tradotto in parole semplici, ci si aspettava che dopo il picco del Covid nei mesi scorsi per il mese di luglio si potesse arrivare ad una decrescita più imponente in Lombardia. Invece, seppur con dati confortanti come i numeri degli ospedali o dei malati attivi che diminuiscono ogni giorno, l’allerta resta.
IL MODELLO MATEMATICO E IL LOCKDOWN
«Se i casi sono così tanti ora che le temperature sono alte, cosa succederà in autunno quando il termometro scenderà sotto i 14 gradi?», si chiede ancora De Maria illustrando come il modello matematico in funzione a Genova ha dimostrato di essere già utile nel combattere il coronavirus nelle scorse settimane «ci ha permesso di individuare il picco dei nuovi casi giornalieri in Italia (tra il 25 e il 27 marzo) con 20 giorni di anticipo». Come invece aggiunge Tonelli, le elaborazioni raccontavano una fine giugno con 34.000 e i 36.000 decessi: ebbene, «oggi siamo a 34.600. Ora quegli stessi algoritmi ci dicono che se la situazione corrente dovesse mantenersi si potrebbe avere una estensione dei contagi, molti dei quali asintomatici o paucisintomatici, che aumenterebbe pericolosamente la base dell’infezione prima dell’autunno».
Secondo gli esperti di Genova in altri Paesi negli ultimi giorni con numeri assai più bassi di contagi (da noi, dati Protezione Civile, sono 20.972 in tutta Italia, 13mila solo in Lombardia) «hanno richiuso quartieri e intere città: è il caso di Seul a fine maggio». Questo non significa che il lockdown deve essere ripristinato al più presto, concludono gli scienziati a Rep, «Sarebbe una follia richiudere le città per un focolaio come quello del San Raffaele a Roma»; però nello stesso momento è altrettanto folle e incosciente – secondo Enrico Bucci, professore di Biologia alla Temple University di Philadelphia (sentito sempre da Repubblica) – dire che le mascherine o il distanziamento “non servono più” visto che i contagiati attuali non sono infettivi.
Il vero problema, conclude Bucci, «è che in questi giorni sono state fate una serie di affermazioni senza esibire alcuna prova scientifica: non ci sono dati pubblicati esaminabili dalla comunità accademica. Vale per tanti aspetti di questa vicenda: chi ha sintomi lievi è meno contagioso? Esistono indizi, ma non ne siamo certi. Il Covid-19 è sensibile alla temperatura e all’umidità? È vero per altri coronavirus, ma per questo in particolare ancora non lo sappiamo. Mi piacerebbe che i colleghi distinguessero chiaramente tra loro ipotesi personali e verità assodate, perché altrimenti inducono le persone ad avere comportamenti sbagliati».