Qualcuno non più giovanissimo si ricorderà senza dubbio il primo grande successo di Fiorello il cui titolo è diventato oggi di stringente attualità. “Veramente falso” era una raccolta di grandi successi italiani in cui lo showman non si limitava a cantarli, ma imitava con notevole maestria anche la voce degli interpreti originali. Da qualche tempo abbiamo scoperto che per ottenere un risultato analogo non è più necessario avere il talento di Fiorello. Il recente caso della multinazionale britannica a cui sono stati sottratti 25 milioni di dollari attraverso un video falsificato del suo direttore finanziario è semplicemente l’ultimo di una serie ormai piuttosto lunga.
In rete i deep fake stanno spuntando come funghi grazie alla versatilità e potenza delle intelligenze artificiali generative. Nulla si salva: ci sono intere testate on line che producono fake news, circolano migliaia di video e foto di personaggi più o meno famosi completamente artefatti, e audio altrettanto fasulli in cui la voce è “veramente falsa” e altrettanto irriconoscibile da quella vera. Per alcuni è un buon modo per fare scherzi, talvolta di cattivo gusto, per altri un nuovo e straordinariamente efficace sistema per imbastire truffe.
Sono ben poche le invenzioni che non si prestano al “dual use” ovvero la situazione per cui con un coltello posso tagliare il salame, ma anche uccidere una persona. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che il coltello non è il colpevole e nessuno si sognerebbe mai di discutere se debba o meno avere un’etica. Di fronte all’Intelligenza artificiale, invece, è un trionfo di dibattiti e studi su come darle un’etica. Allo stato attuale della tecnologia, non soltanto è probabilmente impossibile instillare in un algoritmo una morale, ma soprattutto sarebbe inutile. Le centinaia di casi di manipolazione delle intelligenze artificiali attraverso il linguaggio naturale (tecnicamente “prompt injection”) sono lì a dimostrare che l’essere umano è ancora più astuto di qualsiasi IA.
Se prendiamo atto di questo stato di cose probabilmente inizieremo anche a preoccuparci del vero problema, cioè la nostra etica di esseri umani che determina come utilizzeremo questa “nuova macchina”. Quello che si deve mettere a tema è un’educazione rispetto al digitale, una questione su cui non posso nascondere un certo pessimismo, perché con diabolica perseveranza dall’avvento del personal computer, passando da internet e arrivando agli smartphone, mai ci siamo preoccupati del loro uso corretto e consapevole.
Il fatto incredibile, poi, è che tanto più questi strumenti sono potenti, tanto meno ci preoccupiamo. Abbagliati dalle opportunità perdiamo di vista i rischi. Come ho già scritto altrove: “L’uomo ha uno spiccato istinto di sopravvivenza come individuo e una malsana tendenza al suicidio come specie”.
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