INELEGGIBILITÀ DI DONALD TRUMP: INIZIATO L’ITER ALLA CORTE SUPREMA, GIUDICI VERSO IL VIA LIBERA ALLA CANDIDATURA

Lo sanno tutti: il caso dell’ineleggibilità di Donald Trump, posto dagli Stati del Colorado e del Maine, non sono affatto un tema “locale” ma riguardano l’unico vero grande ostacolo per la candidatura alla nomination per i Repubblicani alle prossime Elezioni Presidenziali Usa 2024. E così il ricorso alla Corte Suprema Usa, invocato e attivato dallo stesso tycoon, ha visto nella giornata dell’8 febbraio le audizioni davanti ai 9 giudici – 6 di area “conservatrice” e 3 di nomina “progressista” – con i pareri contrari e favorevoli al ricorso.



Il caso è arci-noto ormai e tiene l’intera America politica col fiato sospeso: Donald Trump è stato considerato ineleggibile dallo Stato del Colorado, che lo ha escluso dal voto, per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill nel 2021 in base al 14/mo emendamento della Costituzione, che vieta le cariche pubbliche ai funzionari coinvolti in insurrezioni o rivolte contro la Costituzione su cui hanno giurato. In attesa che il processo sui fatti del Congresso Usa arrivi ad effettiva sentenza, la decisione della Corte Suprema si porrà come principio cardine a cui tutti gli altri Stati dovranno tener presente: se arriverà la conferma dell’ineleggibilità allora si potrebbe scatenare un effetto domino con tutti gli Stati dem pronti a bloccare Trump prima delle Elezioni Presidenziali (causando, parole dello stesso ex Presidente, «una reazione di caos in tutta la nazione»); qualora invece venisse accolto il ricorso di Trump, la strada verso le Presidenziali contro Joe Biden sarebbe spianata senza quasi doversi “impegnare” nelle Primarie repubblicane. Lo scorso 6 febbraio la sentenza della Corte d’Appello Usa a Washington aveva sancito come sul processo di Capitol Hill, Trump non potesse godere dell’immunità da ex presidente Usa: anche in quel caso Trump presentò subito ricorso in Corte Suprema, decisione però attesa su questo specifico caso nelle prossime settimane.



QUANDO ARRIVERÀ LA SENTENZA DELLA CORTE SUL CASO TRUMP-COLORADO

L’assalto al Capitol Hill, secondo i difensori di Trump, «fu una sommossa, non una insurrezione. Gli eventi furono vergognosi, criminali, violenti ma non si qualificano come insurrezione». I Repubblicani puntano dunque al via libera in Corte Suprema anche in forza del fatto che la legge del Colorado «non è immediatamente esecutiva e spetta solo al Congresso metterla in vigore», ribadiscono gli avvocati del tycoon, aggiungendo come la sezione riguardi i funzionari degli Stati Uniti, ossia quelli nominati, e non quelli eletti come il presidente che quindi non ricadrebbe nella norma.



I 9 giudici della Corte Suprema Usa dopo la prima giornata di audizioni, hanno espresso diversi dubbi in merito alla causa avviata da 6 elettori del Colorado per escludere Donald Trump dalla corsa per la Casa Bianca: l’accusa ha chiesto infatti una decisione della Corte entro il prossimo 11 febbraio, anche se più probabile pare una sentenza non oltre il Super Tuesday delle Primarie americane, il prossimo 5 marzo 2024. Raggiunto dai cronisti dopo le udienze, il presidente della Corte Suprema, John Roberts (tra i 6 di nomina filo-GOP) ha affermato che la sentenza del Colorado «va a cozzare con i principi che sono alla base del 14mo Emendamento», elaborato a suo tempo per limitare il potere dei singoli Stati. La giudice liberale Elena Kagan ha chiesto perché a un solo Stato «debba essere consentito di decidere chi può e non può partecipare a una elezione nazionale».

«Il punto centrale del 14° emendamento era limitare il potere statale, giusto?», aveva detto il giudice Roberts in aula davanti all’avvocato che rappresenta gli elettori del Colorado, «La vostra è una posizione che fa a pugni con l’intero orientamento del 14° emendamento». Quella norma venne approvata per limitare i diritti degli Stati, conferendoli invece al governo federale e questo «è l’ultimo posto in cui si dovrebbe cercare l’autorizzazione per gli Stati, compresi gli Stati confederati, di attuare il processo elettorale presidenziale». Lo scetticismo è stato poi confermato anche dall’altro giudice conservatore Brett Kavanaugh: questo il motivo per cui gli antagonisti di Trump non sperano molto in una sentenza favorevole per l’ineleggibilità, anche perché entrambi i giudici sono quelli più moderati tra i 6 presenti d’area GOP in Corte Suprema Usa.