Con l’avvicinarsi del definitivo insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca – previsto per il prossimo 20 di gennaio – sono ancora pochissime (per non dire nessuna) le certezze sul più volte citato piano per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia che dovrebbe concretizzarsi fin dalle 24 ore successive dall’insediamento imprimendo una svolta significativa all’ormai eterno conflitto che si protrae almeno dal 2014 e che dal 2022 è entrato nel vivo con l’aggressione russa ben note: un piano – tuttavia – che oltre ai proclami elettorali sembra trovare poche certezze nelle attuali parole ed azioni di Trump, nel frattempo impegnato con la scelta di vice e consiglieri che lo affiancheranno nel suo secondo mandato presidenziale.
Complessivamente, allo stato attuale è difficile prevedere quali saranno effettivamente le mosse che compirà Trump dopo il suo insediamento, ma sappiamo per certo che dopo la vittoria elettorale avrebbe già preso contatti sia con Putin, che con Zelensky, parlando (ipoteticamente) del futuro americano sulla scacchiera geopolitica mondiale; mentre è certo che nessuna delle due parti in guerra sembra disposta a trovare un vero compromesso, con il russo che vuole l’annessione delle regioni parzialmente conquistate in questi tre anni e l’esclusione di Kiev dalla NATO e l’ucraino che – contrariamente – vuole la sua piena integrità territoriale e l’accesso immediato all’Alleanza Atlantica.
D’altra parte – forse anche in virtù delle parole o dell’elezione di Trump – solo recentemente Zelensky si è detto disposto a cedere temporaneamente i suoi territorio alla Russia, purché nel frattempo ottenga la piena adesione alla NATO e – di conseguenza – l’aiuto internazionale per riconquistare il maltolto con la diplomazia; scongiurando grazie allo scudo NATO anche ulteriori aggressioni russe: piani (o proposte) non commentate direttamente né dal Cremlino, né dagli alleati europei ed internazionali dell’Ucraina.
Quali sono i tre piani di Trump per porre fine alla guerra in Ucraina: fronti congelati, zone autonome ed aree demilitarizzate
Tornando a Trump, nonostante l’assenza di conferme (e in realtà anche di citazioni) ai piani effettivi che il tycoon metterà in campo dopo l’insediamento, l’agenzia Reuters ha messo insieme alcune interviste e dichiarazioni rilasciate da futuri funzionari e personaggi vicini al prossimo presidente statunitense, delineando a grandissime linee la sua azione: complessivamente, sul tavolo del tycoon per ora sembrano esserci almeno tre differenti proposte avanzate dal suo vice JD Vance, dall’ex capo dell’intelligence Richard Grenell e dall’ex generale dell’esercito Keith Kellogg.
La più strutturata delle proposte sul tavolo di Trump sembra essere quella di Kellogg che avrebbe suggerito di usare la tecnica della carota e del bastone per costringere i due belligeranti ai negoziati (interrompendo le forniture militari per convincere Zelensky, o aumentandole a dismisura per convincere Putin), propendendo poi per il congelamento delle attuali linee del fronte; e mentre Grenell ha citato la creazione di non meglio precisate o approfondite “zone autonome”, Vance propone la creazione di zone demilitarizzate e “fortemente fortificate” sui confini attuali scongiurando ulteriori aggressioni.
In ognuno dei tre piani proposti e che Trump (ipoteticamente) sta valutando sembra esserci un unico fattore comune, ovvero l’interruzione completa del processo di adesione alla NATO per Kiev che fin dal febbraio del 2022 sembra essere la causa scatenante del conflitto dal punto di vista di Putin; ma al contempo sono molti ad ipotizzare che senza questa garanzia Zelensky non accetterà alcuna proposta, così come quasi certamente anche gli alleati europei e alcuni legislatori americani si opporranno fermamente a questa ipotesi.