Non solo la telefonata al presidente ucraino Volodimir Zelenskij con l’intento di far indagare il figlio di Joe Biden: Donald Trump ha fatto pressioni anche al primo ministro australiano Scott Morrison, chiedendogli il procuratore generale William P. Barr (l’equivalente del nostro ministro della Giustizia) nel tentativo di screditare l’inchiesta di Robert Mueller sul Russiagate. Spunta dunque una nuova telefonata dopo quella che ha fatto scattare la procedura d’impeachment nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca sulla base di due rivelazioni fornite al New York Times da due funzionari americani a conoscenza della chiamata. Secondo le informazioni in possesso del NYT, la trascrizione della telefonata sarebbe stata limitata ad alcuni consiglieri di Trump. Ma sulla veridicità del dialogo non ci sono dubbi: è stata la stessa Australia a confermare…
DONALD TRUMP, SPUNTA NUOVA TELEFONATA…
Un portavoce del governo di Canberra, interpellato sulla vicenda, ha gettato acqua sul fuoco:”Il governo australiano è sempre stato pronto ad assistere e a cooperare con gli sforzi utili a gettare ulteriore luce sulle questioni sotto inchiesta”. Ovviamente anche dalla Casa Bianca hanno tentato di circoscrivere l’episodio sottolineando che la telefonata fra Trump e Morrison è “legata a un’indagine che il Dipartimento di Giustizia ha annunciato mesi fa per scoprire cosa è realmente accaduto. Il Dipartimento di Giustizia ha semplicemente chiesto al presidente di fare delle presentazioni per facilitare l’indagine in corso. Lo ha fatto e questo è tutto”. Ma perché Trump ha chiesto aiuto proprio all’Australia? Non si tratta di un caso. Il Paese, come riportato dal New Yokr Times, l’inchiesta dell’Fbi sulle interferenze della Russia nelle elezioni del 2016 ebbe inizio dopo che alcuni funzionari australiani riferirono che Mosca aveva aperto alla campagna di Trump per la pubblicazione di informazioni dannose su Hillary Clinton. Questi condivisero l’informazione con l’agenzia federale statunitense dopo aver incontrato a Londra nel maggio del 2016 George Papadopoulos, l’ex della campagna di Trump. Papadopolous disse agli australiani che la Russia aveva informazioni su Hillary Clinton e che era in possesso di migliaia di scambi di email fra Clinton e l’accademico maltese Joseph Mifsud. L’uomo, che è stato avvistato l’ultima volta a Roma in qualità di “professore in visita”, sarebbe poi sparito nel nulla.