Continua la vicenda processuale dietro all’assalto a Capitol Hill, ricordato come una delle pagine più buie della recente storia americana, e che ha portato tra le altre cose all’incriminazione di Donald Trump. Proprio quest’ultimo, incarcerato e poi rilasciato dopo il pagamento della cauzione, ha puntato nuovamente il dito contro il procuratore speciale Jack Smith, che guida le indagini contro l’ex presidente americano. Oggi, invece, sempre in merito all’assalto a Capitol Hill è arrivata una nuova condanna, contro Enrique Tarrio, ex leader del noto gruppo di estrema destra americano Proud Boys, ritenuto dalla corte la mente dietro alla rivolta, nonché l’organizzatore effettivo, anche se non vi partecipò direttamente.
Assalto a Capitol Hill, Trump contro Smith: “Cancella e modifiche le prove”
Partendo dal ruolo dell’ex presidente Donald Trump nell’assalto a Capitol Hill, lui si è sempre dichiarato non colpevole. Recentemente, tramite il suo profilo sul social network Truth, l’ex presidente ha scritto che “lo squilibrato Jack Smith ha manomesso, cancellato e distrutto documenti, immagini, nastri altamente riservati e classificati. Perché? Perché queste prove distruggono il suo caso”. Immediata, ma indiretta, la risposta di Smith che ha sottolineato come le sue dichiarazioni potrebbero finire per influenzare la giuria.
In merito alle incriminazioni per l’assalto a Capitol Hill, recentemente la corte ha condannato a 22 anni di carcere, la pena più pesante attualmente inflitta, Enrique Tarrio, ex leader del gruppo Proud Boys, sempre al primo posto nelle rivolte analoghe a quella del 6 gennaio. “Quel giorno”, ha spiegato il giudice Timothy Kelly, “è stata attaccata la democrazia americana stessa e Enrique Tarrio è stato il leader assoluto dietro quell’attacco“. Dal conto suo, l’ideatore dell’assalto a Capitol Hill aveva dichiarato davanti alla corte di essere dispiaciuto dall’accaduto e di vergognarsi di se stesso, sottolineando che “quanto tornerò a casa non vorrò più avere niente a che fare con la politica, i gruppi, l’attivismo o le manifestazioni”. Non è servito, però, a convincere la corte che ha incriminato l’uomo.