All’inizio di luglio la App TikTok risultava scaricata da 180 milioni di utenti americani, ovvero poco più della metà della popolazione, in pratica la maggioranza dei membri della Generazione Z, quella che non guarda la Tv e preferisce comunicare attraverso lo scambio di immagini video piuttosto che con le parole. Un trionfo social della tecnologia cinese capace di incrinare la leadership della Silicon Valley. A differenza della creatura messa a punto da Zhang Yiming, WeChat, la piattaforma controllata dal colosso Tencent, vanta soprattutto una platea di utenti cinesi. Tra questi la quasi totalità di quelli che vivono fuori dai confini del Celeste Impero per cui questo social network rappresenta ormai un insostituibile canale per far comunicare le famiglie con gli studenti e i lavoratori all’estero, oltre che tenere i contatti della diaspora con la madrepatria.
A tutto questo vanno aggiunte le altre attività, in particolare i giochi, che hanno fatto di Tencent un caso di scuola del gaming imitato da Facebook e dagli altri colossi Usa, vedi Twitter, impegnati a capire il potenziale commerciale dei vari social network.
Queste poche note servono a spiegare perché, dopo le battaglie sul 5G, il confronto a tutto campo sulla tecnologia tra gli Usa e Pechino abbia investito il terreno dei social network. Non è solo questione di economia e finanza. In entrambi i casi Washington ritiene che sia in gioco la supremazia dell’Occidente. Così come le reti 5G garantiscono il controllo sulle comunicazioni, i social network, a leggere i timori Usa, sono la chiave di volta dell’intelligenza artificiale: gli utenti di TikTok regalano senza saperlo, un prezioso tesoro di dati. E WeChat alto non è che un sofisticato strumento di controllo della porzione della popolazione cinese più esposta alle “insidie” dell’Occidente.
Si spiega così l’aut aut di Donald Trump che ha dichiarato che vieterà TikTok sul territorio nazionale, se ByteDance, la società proprietaria, non la venderà ad una società americana entro il 15 settembre. Il risultato è un’operazione che non ha molto da spartire con i principi dell’economia, ma ricorda da vicino la logica dell’economia di guerra. TikTok passerà probabilmente sotto le insegne di Microsoft per una cifra intorno ai 30 miliardi di dollari. Ma il colosso di Seattle dovrà impegnarsi a eliminare i collegamenti con la Cina e a girare una fetta rilevante di quattrini al Governo Usa.
Microsoft e ByteDance prevedono di concludere i colloqui su TikTok entro le prossime tre settimane. Microsoft ha già accettato di trasferire tutto il codice di TikTok dalla Cina agli Stati Uniti, entro un anno. Insomma, la guerra commerciale è ormai diventata una battaglia a tutto campo che si gioca su più terreni, compreso il dollaro. La debolezza della valuta Usa non sta a indicare la resa della valuta Usa che rappresenta ancora il 62% delle riserve mondiali. Semmai la forza dell’economia che non incontra alcuna difficoltà a piazzare la sua moneta sui mercati. Basti dire che nel terzo trimestre gli Usa emetteranno 947 miliardi di nuova moneta contro i 270 previsti fino ai pochi giorni fa.
I mercati hanno accolto la notizia in assoluta indifferenza: i T-Bond sono saliti di tre centesimi di punto, prima di riprendere la via del ribasso a vantaggio dell’oro e dell’argento. Il dollaro debole intanto è un invito a puntare su Wall Street e finanziare la riscossa del made in America, fenomeno che non si esaurisce nelle iniziative di Trump, ormai vissuto più come un ostacolo e un imbarazzo che come un simbolo della ripresa. I nuovi eroi sono i capitani coraggiosi dello spazio: dopo l’impresa di Elon Musk tocca ora a Jeff Bezos che ha liquidato azioni Amazon per 3,1 miliardi di dollari per finanziare le sue avventure spaziali.
Sembrano storie lontane anni luce dalla cronaca di casa nostra. Ma non è così. C’è un legame stretto tra i capitali che alimentano Wall Street alla vigilia di una sfida elettorale tanto incerta quanto cruenta e i fondi che l’Europa sta destinando alla ripresa del Sud Europa. E sarà così anche per la stretta che si renderà necessaria con la ripresa dell’inflazione. Non sprechiamo tempo prezioso.