Ha ipotizzato l’uso di truppe occidentali in Ucraina. Anche se poi l’Eliseo è arrivato a dire che questo non significherebbe per forza belligeranza. L’uscita del presidente francese Emmanuel Macron non ha incontrato i favori degli alleati, USA o Paesi europei che fossero, Italia compresa. La Francia, però, quando si parla di guerra, gioca un ruolo diverso dalle altre nazioni del Vecchio Continente perché è l’unica potenza nucleare. E usa questa capacità come deterrenza nei confronti di una Russia sempre più aggressiva.
Le dichiarazioni della Conferenza di Parigi, in realtà, come spiega Francesco De Remigis, già inviato a Parigi, esperto di questioni francesi per Il Giornale, hanno anche e forse soprattutto una valenza interna. Vengono usate contro Marine Le Pen e la sua vicinanza a Mosca per cercare di recuperare qualche punto in vista delle elezioni europee.
Macron dichiara che la Russia non può vincere la guerra e non esclude la possibilità di inviare truppe occidentali sul fronte ucraino. Qual è il suo vero obiettivo?
Vista anche la reazione glaciale degli alleati UE, finora l’uscita di Macron sembra rientrare in una nuova interpretazione della strategia francese della dissuasione. E cioè, in quanto unico Paese UE ad avere l’atomica, la Francia porta oggi all’estremo quel principio di deterrenza, minacciando di fatto di inviare truppe o uomini in Ucraina, o comunque esperti sul campo. E visto che per ora il conflitto è ancora con armi convenzionali, dal punto di vista dell’Eliseo la responsabilità della Francia è di fare una sorta di dichiarazione preventiva, inviando un messaggio chiaro alla Russia, di fronte a una politica aggressiva e di destabilizzazione. Se insisti, potremmo intervenire boots on the ground.
Vuole riprendersi la scena in vista delle elezioni europee o sta alzando la posta in gioco per qualche altro motivo?
L’Europa è realmente minacciata, stando anche a ciò che sostengono i Paesi baltici, per esempio, col Baltico che diventerà un mare nostrum dell’Alleanza atlantica includendo la Svezia. Ricordiamo che nessuno, se non pochi e inascoltati 007, riteneva che Putin avrebbe invaso l’Ucraina nel febbraio del ’22. Poi certo la politica interna è il cuore dell’azione di Macron sul piano internazionale. E anche in questo caso il governo sta sfruttando il dossier per puntare il dito contro i lepenisti.
La proposta avanzata in occasione della Conferenza di Parigi non è in linea con la strategia NATO, che ha garantito un appoggio esterno. È anche un gioco interno all’Alleanza atlantica?
Nella NATO convivono varie sensibilità. Basti ricordare che anche il segretario generale Stoltenberg ha cambiato approccio in due anni di guerra, alzando via via toni e propositi. Macron è fuori dal coro, in questa fase. E certo, pur volendo forse dare un segnale “europeo” di difesa, ha ottenuto un effetto boomerang. Anche da Palazzo Chigi è arrivata una chiara definizione dell’impegno: il supporto a Kiev non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o NATO.
L’incontro di Parigi è sembrato a molti una sorta di G7 alternativo a quello di sabato, a cui Macron non ha partecipato: il presidente vuole riproporre l’idea di una Europa a trazione francese?
Più che altro si trattava di creare una sorta di nuova coalizione di volenterosi, più coordinata rispetto a oggi, che possa gestire meglio l’invio di missili a lunga gittata all’esercito ucraino. Un problema di coordinamento c’è, lo ha sottolineato più volte anche il governo ucraino, visto che circa il 70% delle armi inviate a Kiev è a marchio Usa. E poi Macron non poteva mancare al Salone dell’agricoltura. Contadini e allevatori lo hanno contestato, ma se non si fosse presentato al Salone, dove è rimasto 13 ore sotto i fischi e i vaffa, cercando di fare promesse che ora dovrà mantenere, avrebbe rischiato che l’evento più atteso dell’anno si trasformasse in un’autostrada percorsa solo dalla destra lepenista.
Le prime reazioni all’uscita militarista di Macron sono state a dir poco negative. Rischia di rimanere isolato a livello europeo?
L’azzardo è nel DNA della “Macronie”. Stavolta, il presidente francese è stato contraddetto a tempo di record dai suoi stessi alleati europei, con Scholz che frena anche sull’invio di missili da crociera Taurus a lunga gittata da parte della Germania, pure impegnatissima, secondo Kiev, nell’invio di armi. Per i Mirage 2000 e i cannoni Caesar francesi servirebbe un supporto militare umano, specialisti che possano aiutare le forze armate ucraine ad azionare armi di questo tipo. Macron è stato in parte anche onesto, ricordando che quelli che oggi dicono “mai, mai truppe boots on the ground” sono gli stessi che due anni fa dicevano “mai, mai carri armati e tank; mai, mai degli aerei; mai, mai dei missili a lunga gittata”. È stato un messaggio inviato al Cremlino e uno stress test per un’Europa non così coordinata nelle azioni di supporto a Kiev. Un invito a essere un po’ meno ipocriti.
A tuo avviso la Francia ha cambiato postura nel corso del conflitto?
Se in un primo momento Macron, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, aveva posto la Francia come potenza di mediazione tra Mosca e Kiev, tanto che nel giugno 2022 irritò persino alcuni alleati, e lo stesso Zelensky, invitando l’Occidente a “non umiliare la Russia in modo che il giorno in cui i combattimenti finiranno potremo costruire una via d’uscita attraverso i canali diplomatici”, oggi forza la mano e rilancia un’azione anti-Putin. Lo stesso Zelensky ha detto che perdere contro Putin è la stessa cosa che morire. Lo ha detto alla CNN per sollecitare aiuti americani supplementari.
Ma perché esporsi in questa maniera, stando a Macron, senza consultarsi?
In parte per marcare una distanza ulteriore da quell’elemento di campagna elettorale, già usato in passato, che vede il partito di Marine Le Pen certamente più vicino a Mosca rispetto al suo, anche se per ragioni soprattutto economiche, legate a prestiti contratti con istituti russi perché in Francia sostanzialmente nessuna banca vuole prestare denaro al Rassemblement National. Poi possiamo aggiungere che quasi tutti i presidenti francesi sono stati spesso “americani” in vista di elezioni cruciali, usando le guerre in campagna elettorale. Sia quando hanno bocciato interventi militari, sia quando li hanno sollecitati, se non imposti. E penso alla Libia di Sarkozy. Oggi Macron non ha guerre da combattere, se non quella che contrappone Kiev a Mosca. E prova a usarla come grimaldello in chiave anti-Le Pen.
Quali reazioni hanno avuto le dichiarazioni del presidente a livello di politica interna?
Attacchi trasversali: che vanno da chi considera l’ipotesi di inviare truppe solo una leggerezza a chi parla di incoscienza e follia del presidente. “Non so se tutti si rendono conto della gravità di una simile affermazione”, ha scritto Marine Le Pen sui social. Il vicepresidente dell’Assemblée, il lepenista Sébastien Chenu, il cui partito è nel mirino da sempre dei macroniani per una sorta di clemenza nei confronti della Russia di Putin, ha detto che Macron fa paura ai francesi, applicando la lettura della destra sovranista, per cui dobbiamo discutere con la Russia per farla arretrare.
Il Governo sostiene invece il presidente in questa sua presa di posizione?
Inevitabilmente. Il giovane premier Attal ha prima confermato le dichiarazioni del capo dello Stato. In Assemblea nazionale, ha cercato di barcamenarsi nella bufera attaccando Marine Le Pen, accusandola di aver difeso, fino a due anni fa, un’alleanza militare con Mosca. Bleu Marine, che col suo partito sta dieci punti sopra la compagine macroniana in vista delle europee, ha accusato Macron di aver messo a rischio 70 milioni di francesi con la sua uscita. Toni aspri dal tribuno dell’estrema sinistra, Jean-Luc Mélenchon, secondo cui la guerra contro la Russia sarebbe “una follia”, definendo già l’uscita del capo dello Stato un atto irresponsabile.
(Paolo Rossetti)
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