Ci sono molti aspetti non chiari nella vicenda di uno studente di Fano, nelle Marche, che il 6 maggio è stato rinchiuso in psichiatria per una protesta, certo esagerata, contro l’uso della mascherina a scuola. In un istituto superiore della città, dopo che si era incatenato al banco, sono intervenuti il 118 e la polizia chiamati dalla preside e, dopo lunghe trattative, è stato convinto a uscire dall’aula e affidato ai sanitari.
Poi, passato un po’ di tempo, l’incredibile: “Sto bene; sono qui al reparto psichiatrico di Pesaro, a Muraglia, perché mi hanno fatto un Tso e mi hanno detto che dovrò restare qui una settimana. In questo momento una dottoressa mi sta portando via tutti gli oggetti pericolosi. Mi hanno dato dei calmanti al Santa Croce e poi mi hanno trasferito a Pesaro, a Muraglia.
I miei genitori non sono con me”, questa la sua telefonata, di cui ci informa un giornale locale. A sentire la dirigente scolastica, il ragazzo sarebbe stato plagiato da un presunto “costituzionalista” a cui, a quanto si legge sul giornale, avrebbe dato volentieri “un pugno in faccia”, naturalmente “non come preside e nemmeno come insegnante” aggiunge l’indignata dirigente, ma “soprattutto come mamma”. Anche la dottoressa che lo ha preso in cura al Tso afferma: “Questo ragazzo ha attorno persone che lo stanno mal consigliando”.
Dunque, a quanto è dato sapere, lo studente diciottenne (quindi maggiorenne, ricordiamolo) rifiuta di portare la mascherina in classe e di desistere nella protesta partita come la ragazzata di uno “che fondamentalmente è un bastian contrario e che, terminata una lezione, invia un file dove vengono sostenute tesi che vanno in senso contrario rispetto a quello che è stato spiegato”, come si apprende ancora.
Come tutto questo possa essere finito in Tso non è chiaro. Può un ragazzo intelligente, anche se bastian contrario, finire in psichiatria sotto calmanti? Manca qualcosa nel racconto, e gli altri particolari non bastano a coprire le lacune: “Questa è già la quinta azione di protesta e tutte le volte si cerca di spiegare come stanno le cose e quali sono le regole comportamentali e alle quali non si può derogare. Cosa diciamo? Che lui può far valere tutte le sue ragioni, contestare, ma lo deve fare con la mascherina davanti alla bocca e su questo non si può derogare” dice un prof.
Insomma, può bastare una protesta esagerata, il rifiuto a seguire regole comportamentali, il contraddittorio alla lezione per essere rinchiusi in psichiatria? Certo che no. Deve esserci qualcos’altro di non narrato: episodi violenti, autolesionisti, o qualcosa del genere. A meno che il rifiuto della mascherina non sia considerato alla stessa stregua, appunto, di quelli, meritevole di un deferimento al Tso. Non portare la mascherina come grave forma di deficit psichiatrico.
Se così fosse, però, la faccenda risulterebbe ancora più grave. Da una parte c’è una scuola che non riesce a far rispettare le regole comportamentali con le sue risorse interne, i suoi “patti di corresponsabilità”, i quintali di carta e le ore perdute a scrivere regolamenti di istituto evidentemente inutili se poi si è costretti a chiamare la polizia. Dall’altra questo strano clima, francamente parossistico, per cui un’opinione da bastian contrario, per quanto bislacca e antiscientifica, viene marchiata di malattia mentale. Se avessimo dovuto rinchiudere in psichiatria tutti quelli che si incatenavano ai banchi (e molto peggio) in epoca sessantottina, avremmo avuto le masse ai Tso.
Deve esserci dell’altro, per forza. È impensabile che sia tutto qui. Se così fosse, avremmo ragione a sentire questa puzza di conformismo istituzionale, di denuncia delle opinioni avverse, questo sentore di lager psichiatrici di sovietica memoria che proprio non ci è possibile pensarli ancora tra noi.
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