Gianluca Vialli ha gestito la malattia con determinazione ed equilibrio, «senza un ottimismo fuori luogo», ma restando comunque sempre positivo. Lo racconta Alessandro Zerbi, responsabile della Chirurgia pancreatica all’Istituto clinico Humanitas IRCCS di Milano, che con la sua équipe aveva diagnosticato il tumore al pancreas all’ex calciatore, subito operato a novembre 2017. Al Corriere della Sera lo ricorda come un paziente «sempre affabile, disponibile e con un atteggiamento positivo, nonostante fosse consapevole della situazione complicata». Era riservato e collaborativo, lucido e intelligente. Ma all’inizio non è stato facile. «C’è uno sconforto iniziale, c’è la paura, ma lui ha mostrato dignità e coraggio fin da subito». Il medico gli chiarì che il tumore al pancreas è difficile, ma una piccola percentuale di pazienti riesce a guarire. Quindi, gli suggerì di iniziare le terapie, partendo dall’operazione.
«Quello per asportare un tumore al pancreas è l’intervento più complesso in chirurgia addominale e pure quello con il più alto tasso di complicanze letali, per questo è fondamentale affidarsi a centri di grande esperienza». Si asportano, infatti, diversi organi: la parte del pancreas colpita dal tumore, il duodeno, la via biliare, la cistifellea e si ricollega tutto all’intesto, «in modo tale che il paziente possa poi mangiare, digerire, avere una vita normale». L’operazione andò bene: Gianluca Vialli restò in ospedale poco più di una settimana, si riprese in fretta, anche grazie al fisico atletico. La sua storia successiva ha confermato che così si guadagna tempo prezioso e una buona qualità di vita. Vialli poi tornò a Londra, si sottopose a chemioterapia, radioterapia e tutte le cure previste, poi il ritorno del tumore. (agg. di Silvana Palazzo)
TUMORE AL PANCREAS, PARLA IL CHIRURGO DI VIALLI
Il tumore al pancreas che ha colpito nel 2017 Gianluca Vialli, morto il 6 gennaio 2023, è una delle malattie più aggressive che esistano. A riferirlo è stato il dottor Alessandro Zerbi, medico che ha operato l’ex capo delegazione della Nazionale italiana, in un’intervista concessa ai colleghi de “Il Giornale”, nella quale ha anche sottolineato che il primo sintomo che caratterizza questa grave patologia è l’ittero. È stato in questo modo, infatti, che l’ex calciatore di Cremonese, Juventus, Sampdoria e Chelsea si è accorto di non stare bene.
Non solo l’ingiallimento della pelle, tra i segni di tumore al pancreas: anche le feci chiare e le urine scure possono essere sintomi della malattia. “L’operazione di Gianluca Vialli era andata bene – ha proseguito il chirurgo –. Consiste nell’asportazione del duodeno e della testa del pancreas. È estremamente complessa, in quanto può dare infezioni, emorragie e fistole nelle prime settimane dopo l’intervento. La convalescenza non è rapidissima, ci vogliono alcune settimane”.
TUMORE AL PANCREAS, L’ESPERTO: “ECCO I FATTORI DI RISCHIO”
I fattori di rischio che potrebbero determinare l’insorgenza del tumore al pancreas, la patologia che ha ucciso Gianluca Vialli, sono, come dichiarato a “Il Giornale” dal dottor Zerbi, “il fumo, il sovrappeso, un’alimentazione ricca di grassi e povera di fibre e uno stile di vita sedentario. Anche la familiarità definita, come avere due casi di parenti stretti che si sono ammalati di questo tumore, lo è”. Invece, “non è vero che il tumore progredisce più lentamente se l’età del malato è più alta. Ogni tumore progredisce più velocemente o più lentamente a seconda di quanto è aggressivo. E quello al pancreas è un tumore molto aggressivo dal punto di vista biologico, tanto che ha una prognosi mediamente peggiore degli altri”.
Gli altri sintomi che caratterizzano il tumore al pancreas sono una pancreatite o un diabete improvviso. Esiste uno screening? “No, purtroppo – ha chiarito il dottor Zerbi –. Vi è solo nel 10% dei casi, ovvero nei pazienti che hanno familiarità con la malattia perché hanno avuto due parenti malati. Si possono fare controlli periodici: una risonanza magnetica all’anno per tenere sotto controllo la situazione. Solo nel 20-30% dei casi i pazienti se ne accorgono in tempo. L’asportazione del pancreas è la soluzione più comune, altrimenti si ricorre a chemioterapia o altre cure e radioterapia. Dopo 5 anni dall’intervento sopravvive il 20-30 per cento dei pazienti, poiché è elevato il rischio di metastasi o recidiva”.