Importanti passi avanti nella lotta al tumore al pancreas, quello che storicamente viene considerato la “bestia nera” dei tumori. In Italia sono 14.500 le persone che vengono colpite da questa forma di cancro ogni anno, e da tempo gli scienziati stanno cercando di contrastarlo tramite una lunga e faticosa battaglia, quasi sempre con un unico vincitore. Ad aiutare a contrastare la sua diffusione è la ricerca, che negli ultimi tempi, tramite uno studio dell’università La Sapienza di Roma, ha portato alla luce il meccanismo molecolare che permette allo stesso tumore al pancreas di proliferare, di continuare a vivere, nonostante la carenza di nutrienti.



Si tratta di una inibizione tramite farmaci che potrebbe rivelarsi un’arma efficace per bloccare l’avanzata della massa cancerogena, così come riportato dal sito de Il Fatto Quotidiano. Le cellule tumorali del pancreas sopravvivono grazie ad una piccola molecola di Rna non codificante (microRna) denominata miR-15a: si trova nel pancreas sano e viene di solito persa nelle prime fasi del tumore. E’ una sorta di freno molecolare che mantiene bassi con costanza i livelli della proteina Fra-2 “un fattore di trascrizione cruciale per la risposta del tumore allo stress”, precisa Il Fatto.



TUMORE AL PANCREAS, IL RUOLO DI MIR-15A E DI FRA-2

Quando viene a mancare il miR-15a, le cellule tumorali, sollecitate dalla ricerca di nutrienti, sono libere di esprimere il fattore di trascrizione Fra-2 che, a sua volta, attiva la trascrizione di geni fondamentali per la sopravvivenza. Fra gli obiettivi di Fra-2 vi è il recettore del fattore di crescita Igf1, responsabile dello stimolo proliferativo.

“La scoperta di questo meccanismo – le parole di Gian Luca Rampioni Vinciguerra, primo autore dello studio e ricercatore del Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare della Sapienza.- accresce la nostra comprensione della malattia e fornisce un razionale utile per l’impostazione delle terapie. Nei nostri modelli, il tumore del pancreas in carenza di nutrienti diventa dipendente dall’attivazione del recettore di Igf-1 e quindi estremamente sensibile alla sua inibizione farmacologica, che diventa un’arma estremamente efficace per contrastare la crescita tumorale”.