Nella giornata di oggi la celebre modella Bianca Balti ha annunciato – con un lungo post condiviso su Instagram – di star lottando contro un tumore ovarico al terzo stadio: una malattia con un’incidenza (fortunatamente) abbastanza ridotta e che fino a qualche decennio fa rappresentava una vera e propria condanna a morte; mentre oggi, grazie ai numerosi progressi della medicina la speranza di vita si è alzata esponenzialmente, soprattutto in tutte le pazienti che riescono a limitarne gli effetti grazie alla prevenzione.



Partendo dal principio – e dopo vedremo anche come si manifesta e come si cura il tumore ovarico al terzo stadio – è importate ricordare che la modella rappresentava un paziente ad alto rischio di insorgenza perché solamente due anni fa aveva già ricevuto una prima diagnosi per un tumore mammarico grazie alla quale i medici avevano capito che è portatrice di una mutazione del gene BRCA1 che – appunto – aumenta il rischio di contrarre un tumore (tra mammarico ed ovarico) di circa 50 volte rispetto ad una paziente senza mutazione.



Dal conto suo, Bianca Balti ha spiegato nel suo post di essersi sottoposta ad una serie di interventi – sempre con l’immancabile sorriso sul volto e la determinazione che l’avevano già accompagnata due anni fa -, mentre ora la attende “un lungo viaggio” al termine del quale è certa che “lo batterò, per me stesso, per i miei cari (le mie figlie sono in cima alla lista) e per tutti voi che avete bisogno di forza”, una caratteristica che – confessa – non le manca affatto.

Cos’è, come si sviluppa e come si cura il tumore ovarico al terzo stadio di Bianca Balti

Ma, quindi, cos’è il tumore ovarico al terzo stadio? La risposta è piuttosto semplice, perché si tratta di una delle forme più avanzate di tumore all’ovaio che all’anno colpisce circa 300mila donne in tutto il mondo – poche più di 5mila in Italia – associato in un 25% di casi alla già citata mutazione del gene BRCA1 o del similare BRCA2; mentre a rendere complicata l’individuazione della massa tumorale ci sono una serie di sintomi difficili da ascrivere alla malattia e che portano a diagnosi tardive nell’80% dei casi totali.



Con ‘terzo stadio’ si intende lo sviluppo della malattia al punto da essersi già diffusa ad altri organi con le classiche metastasi che riducono la speranza di vita a cinque anni dalla diagnosi ad appena il 25%; mentre se individuato precocemente la possibilità si alza ad una percentuale tra il 75 e il 90 per cento, ma l’unico campanello di allarme è scoprire – come nel caso di Bianca Balti – la mutazione genetica e procedere alla rimozione dell’utero e delle ovaie.

Per quanto riguarda il futuro della modella, un’ipotesi arriva dalla dottoressa Domenica Lorusso (docente di Ostetricia e Ginecologia) che intercettata da Repubblica ha ricordato l’esistenza di “un’arma potentissima” come i Parp inibitori: dopo l’intervento di rimozione della massa tumorale visibile – quello a cui si è sottoposta Bianca Balti nei giorni scorsi -, il paziente si sottopone a “sei cicli di chemioterapia (..) e poi due anni di mantenimento con Parp inibitori” che complessivamente riducono il rischio di recidive del “70% a 5 anni dalla diagnosi“.