Le terapie a bersaglio molecolare (conosciute anche come target therapy) sono sempre più utilizzate per contrastare i tumori, ma alcuni di questi sono resistenti ad esse. Gli scienziati si stanno interrogando in merito al perché ciò accada. Le risposte, come riportato dal Corriere della Sera, arrivano dalla combinazione di modelli matematici e biologici, oltre che da esperimenti in laboratorio.
I risultati ottenuti dagli studi in merito, in particolare uno pubblicato su Nature Genetics, rappresentano un importante passo in avanti per la scienza. L’obiettivo, infatti, è migliorare l’efficacia di questa tecnica, che normalmente garantisce una maggiore precisione contro il tumore ed una minore tossicità per il corpo rispetto alle chemioterapie tradizionali. Per capire come il cancro riesca ad aggirare l’ostacolo e a continuare a produrre metastasi, spiega Marco Cosentino Lagomarsino, di IFOM e Università degli Studi di Milano, “si è adottato un metodo molto simile a quello originariamente utilizzato, nel 1943, da Salvador Luria e Max Delbrück per studiare lo sviluppo di resistenza nei batteri”. Ad essere analizzate, questa volta, sono state però le cellule umane.
Tumori resistenti a terapie a bersaglio: il motivo secondo gli scienziati
Il motivo per cui alcuni tumori sono resistenti alle terapie al bersaglio, secondo gli studi condotti, è stato spiegato da Mariangela Russo dell’Università di Torino e Candiolo Cancer Institute, che è la prima autrice dell’articolo pubblicato su Nature Genetics. “Abbiamo osservato che le terapie a bersaglio molecolare inducono nelle cellule tumorali la transizione a uno stato di letargo, rendendole in grado di tollerare temporaneamente il trattamento. Queste cellule, chiamate appunto “persistenti”, essendo tolleranti alla terapia, hanno potenzialmente tempo di acquisire mutazioni genetiche che le rendono in grado di replicarsi in presenza del farmaco, causando così una recidiva di malattia”.
Adesso l’obiettivo è quello di arginare questo fenomeno. “Oltre a portare una maggiore comprensione dei meccanismi molecolari alla base della resistenza alle terapie i risultati ottenuti nello studio aprono a nuove possibilità per prevenire l’insorgere della resistenza e impedire lo sviluppo di metastasi. In futuro i medici potrebbero modulare le dosi e i tempi di somministrazione dei farmaci antitumorali in modo da minimizzare la probabilità di recidiva di malattia”, hanno aggiunto Marco Cosentino Lagomarsino e Alberto Bardelli.