Un’economia al collasso, con un debito che ha raggiunto il 90% del Pil. Una richiesta di aiuto inviata all’Fmi per la quale non arriva risposta. Ma anche un numero sempre crescente di persone, soprattutto giovani, che cercano di venire in Italia e ora anche l’eventualità che arrivino molti migranti dell’Africa sub sahariana contro i quali il presidente Kais Saied ha puntato il dito.



La Tunisia è sull’orlo del fallimento e le conseguenze possono ricadere anche sull’Italia. Per il nostro Paese ci sono anche da salvaguardare gli interessi di 900 aziende italiane presenti e un piano Mattei da far decollare. “Mai come ora – dice Michela Mercuri, docente di cultura, storia e società dei Paesi musulmani nell’Università di Padova – la Tunisia è in un momento di crisi politica ed economica e le due crisi sono collegate”.



La Tunisia sta negoziando con l’Fmi un piano per il suo debito estero, anche se la concessione della somma chiesta non sembra dietro l’angolo: qual è l’entità della crisi e quanto conta il Paese per l’Italia e l’Europa dal punto di vista economico?

Ha chiesto un finanziamento di due miliardi al Fondo monetario internazionale, versa in condizioni economiche davvero gravi: la bassa crescita unita all’inflazione e al debito che, secondo quanto ha detto il ministro delle Finanze tunisino, ha raggiunto il 90% del Pil, ci danno l’idea della situazione. Al momento però i prestiti non vengono erogati perché secondo le istituzioni internazionali non ci sono le condizioni democratiche, anche in conseguenza della stretta del presidente Saied nei confronti degli immigrati sub-sahariani che sono nel Paese.



Per il nostro Paese potrebbe comportare un problema non da poco.

Questo potrebbe arrecare un grande danno per l’Italia, che ha rapporti importanti con la Tunisia, basti pensare che ci sono 900 imprese italiane nel Paese. Proprio per questo il premier italiano Giorgia Meloni ha avuto una conversazione con il primo ministro tunisino per cercare di rassicurarlo dopo la visita del ministro degli Esteri Tajani e di quello degli Interni Piantedosi di qualche settimana fa. Credo che sia fondamentale sostenere il Paese per continuare a collaborare con uno Stato che comunque rappresenta, sia pur piccolo nelle sue dimensioni, un partner importante per l’interscambio commerciale con l’Italia.

Il Paese è già tra quelli da cui partono più migranti in direzione dell’Italia, quanto ha pesato finora la sua situazione economica da questo punto di vista? Arriveranno sempre più migranti da quelle coste?

Povertà ed emigrazione sono un binomio inscindibile. Dal primo gennaio di quest’anno sono arrivati in Italia 1.133 tunisini su un totale di 14mila migranti arrivati attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. È chiaro che se non si risolverà la questione economica la Tunisia potrebbe andare totalmente in default, più di quanto non lo sia già, e questo accrescerebbe di molto i migranti che sono diretti verso le coste italiane. Già lo scorso anno ha segnato il record di arrivi sulle nostre coste: partono perché c’è un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, e di povertà. A questo aggiungiamo l’aumento dei beni di prima necessità come il pane, dovuti alla crisi del grano in Russia e Ucraina. Si capisce bene che se non risolviamo la situazione economica in Tunisia e in altri Paesi dell’area il numero di migranti aumenterà. L’equazione è semplice: più povertà, più migranti in arrivo sulle coste.

Cosa può fare l’Italia, e con essa l’Europa, per risollevare il Paese?

Parlo prevalentemente dell’Italia perché l’Europa mi sembra un po’ scollata sulla situazione tunisina. L’Italia ha proposto, alla Tunisia come ad altri Paesi del Nord Africa, il cosiddetto piano Mattei, che altro non vuol dire che una cooperazione bilaterale in tanti ambiti, anche ad esempio delle energie rinnovabili, nell’agroalimentare, nell’industria, nella tecnologia. Quindi maggiori investimenti in Tunisia che possono sicuramente aiutare l’economia a risollevarsi. Bisognerà fare molta attenzione a evitare derive autoritarie che potrebbero mettere in discussione i nostri investimenti.

Anche le parole del presidente Saied contro gli immigrati dell’Africa sub sahariana presenti nel Paese possono spingere ad aumentare gli sbarchi?

Ci sono circa 21mila migranti subsahariani in Tunisia e sicuramente la stretta da parte di Saied potrebbe creare un aumento dei migranti verso l’Italia proprio per scappare a queste misure restrittive. Non a caso, dai dati del Viminale, risulta che la principale nazionalità in arrivo è la Costa d’Avorio, seguita dalla Guinea. Questo ci dà la cifra di quello che potrebbero essere le conseguenze di questa politica.

È possibile trovare un’intesa con i tunisini per cercare di tenere sotto controllo la situazione?

Il governo italiano dovrebbe dialogare direttamente con Saied per cercare di chiarire questi aspetti e per elaborare un piano di gestione dell’immigrazione dalla Tunisia che non parta da questi presupposti, ma da un sistema di collaborazione tra le autorità italiane e tunisine capace di tutelare le minoranze o i migranti che si trovano in Tunisia o di effettuare politiche di rimpatri o ricollocamenti in maniera congiunta e in maniera diversa. Quello che sta succedendo non rispetta lo spirito degli accordi che il premier Meloni e nello specifico Tajani e Piantedosi hanno stretto con il presidente tunisino.

(Paolo Rossetti)

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