Beji Caid Essebsi è andato via. Fatale è stato il malore che lo ha colto mercoledì, a poco meno di un mese di distanza dal ricovero del 27 giugno, lo stesso giorno dell’ultimo attacco terroristico dell’Isis. Avrebbe compiuto 93 anni il 29 novembre. Al suo posto, il presidente del Parlamento, Mohamed Ennaceur, è stato investito temporaneamente dell’incarico di capo dello Stato.



Secondo la procedura prevista dalla costituzione approvata nel 2014, Ennaceur avrebbe dovuto essere nominato dalla Corte Costituzionale, di cui però la Tunisia non è ancora riuscita a dotarsi. La necessità di colmare tempestivamente il vuoto lasciato da Essebsi ha reso però automatica la sua investitura, a prescindere dalla non piena legittimità costituzionale.



Membro di Nidaa Tounes, il partito fondato da Essebsi, Ennaceur dovrà traghettare il paese nella delicatissima doppia fase elettorale che attende il paese. Il 6 ottobre si svolgeranno infatti le elezioni parlamentari, seguite il 17 novembre dalle presidenziali. Che scenario si prospetta per la Tunisia, dopo la scomparsa del suo primo presidente eletto democraticamente?

L’entrata di Essebsi nell’agone politico post-Primavera araba è stata sicuramente provvidenziale. Vincendo le elezioni contro Moncef Marzouki, Essebsi ha impedito che i Fratelli musulmani s’impossessassero della più alta carica dello Stato, dopo aver ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamento.



Per cinque anni ha rappresentato un baluardo insuperabile nei confronti sia delle ambizioni di potere che dell’agenda fondamentalista della Fratellanza, impegnandosi affinché la Tunisia imboccasse la strada dei diritti umani, con una particolare attenzione verso quelli delle donne.

Essebsi, d’altro canto, non sembra essere riuscito a costruire un’eredità politica in grado di proiettare oltre nel tempo il suo riformismo, malgrado fosse consapevole della sua età già molto avanzata. L’insistenza nel sostenere le ambizioni di leadership del figlio Mohammed ha provocato la pesante scissione del primo ministro, Youssef Chahed, che ha dato vita a una nuova forza politica, Tahya Tounes, e frammentato il partito in più correnti. Non a caso Nidaa Tounes non è ancora riuscita a individuare un candidato unitario per le elezioni presidenziali.

Le accuse di familismo non sono mancate, ma Essebsi non ha fatto marcia indietro nell’appoggio incondizionato al figlio Mohammed, compromettendo significativamente l’unità del partito e forse anche le sue chance di vittoria alle imminenti elezioni.

I Fratelli musulmani sono pronti ad approfittare delle divisioni interne al campo laico e moderato. La candidatura di Rachid Ghannouchi, leader di Ennhada, il braccio politico della Fratellanza tunisina, è indice di determinazione nel voler ottenere nuovamente la maggioranza dei seggi in Parlamento, per poi contribuire alla vittoria di un candidato favorevole alle presidenziali.

Lo schema, in sostanza, prevede la nomina di Ghannouchi a presidente del Parlamento o primo ministro, e quella di Chahed come nuovo capo dello Stato. Il primo ministro ha già ottenuto l’appoggio in Parlamento di Ennhada dopo la scissione da Nidaa Tounes e un accordo per beneficiare dei voti dei Fratelli musulmani alle presidenziali sembra sia già stato raggiunto.

A favorire il disegno di Ghannouchi, oltre alla crisi di Nidaa Tounes, c’è il probabile alto astensionismo elettorale che riguarderà principalmente la fascia giovanile e gli abitanti dei centri urbani, delusi dalla politica e sempre più sfiduciati verso il futuro a causa della grave situazione economica e dell’alto tasso di disoccupazione.

Ennhada, invece, nonostante registri un calo di consensi stando ai sondaggi, è molto probabile che riuscirà a mobilitare il suo elettorato e a schierarlo compattamente alle urne il giorno delle votazioni, potendo contare su una macchina organizzativa più efficiente e soprattutto unità rispetto a Nidaa Tounes.

Se Essebsi puntava a spingere Ennhada sempre più ai margini, la sua scomparsa rischia di favorirne il rilancio in ambito politico e istituzionale. Senza di lui, ora chi fermerà i Fratelli musulmani?