C’è grande attesa in Tunisia per lo svolgimento del referendum costituzionale previsto per il prossimo 25 luglio. Un anno dopo il colpo di mano istituzionale dell’attuale presidente Kais Saied che sciolse il parlamento esautorando l’allora primo ministro, il Paese appare diviso tra sostenitori e oppositori. Un fatto è sicuro: la Tunisia, il primo Paese nordafricano protagonista delle cosiddette primavere arabe, ancora non è riuscito a trovare una stabilizzazione democratica: “Come tutti i Paesi che hanno vissuto le primavere arabe” ci ha detto in questa intervista Souad Sbai, ex parlamentare Pdl, giornalista, presidente dell’associazione Acmid donna “anche la Tunisia ha dovuto fare i conti con l’estremismo islamico, la Fratellanza musulmana che era dietro a queste rivoluzioni che hanno ingannato le popolazioni locali e l’intero occidente”.



Questo referendum è visto dai media europei come un tentativo dittatoriale di Saled di assumere il pieno controllo del Paese. Non è d’accordo Sbai: “I Paesi arabi hanno bisogno di uomini forti che si schierino contro l’islamismo, la via per una democrazia reale è ancora lunga, nel frattempo è necessario fare tutto il possibile per bloccare l’islamismo radicale che rappresenta un problema drammatico non solo per quei Paesi, ma per tutto il mondo”.



Ci sono opinioni contrastanti riguardo il referendum del 25 luglio. Di fatto la nuova costituzione, se passerà il voto, concentrerà quasi tutti i poteri nelle mani di Saied che nominerà governo e ministri senza la fiducia del parlamento. È un rischio per la democrazia?

Assolutamente no, è un tentativo molto democratico di fermare ogni avanzata della Fratellanza musulmana che costituisce il vero problema non solo in Tunisia ma per il mondo intero. Se non passa la nuova costituzione, c’è il rischio che la Tunisia faccia la fine dell’Afghanistan. Non dobbiamo permetterlo noi e non lo devono permettere i tunisini. Loro lo hanno capito, da noi una certa sinistra che non ha mai studiato cosa è successo nelle primavere arabe contesta questo tentativo di riforme. Ancora non vogliono capire che dietro quelle primavere c’era l’estremismo radicale islamico più pericoloso, lo stesso che ha finanziato lo jihadismo.



È un dato di fatto che la Tunisia è colpita da una grave crisi economica da cui non si vedono vie d’uscita. La disoccupazione è al 16%, l’inflazione corre oltre il 7,5%, almeno quattro dei dodici milioni di tunisini sono in stato di povertà. Sarà in grado Saied di far fronte a questa situazione che rende instabile la Tunisia?

Quello è il vero problema, non la riforma della costituzione. L’Occidente è miope, non ha aiutato in questi anni la Tunisia e non lo farà. La crisi economica d’altro canto c’è in tutto il mondo, se le opposizioni politiche e popolari continuano a essere finanziate da Stati-canaglia come il Qatar e la Turchia che fomentano il malcontento e il terrorismo, è chiaro che la Tunisia rischia di collassare. E se questo succederà, anche Paesi come l’Italia saranno vittime dei ricatti di questi Paesi.

Ad esempio l’uso dei migranti come un’arma per destabilizzare l’Occidente?

Esattamente. Se non si aiutano questi Paesi a trovare uno sbocco alla povertà economica, saremo invasi.

Molti dicono che la Tunisia con questa riforma farà la fine dell’Egitto, un paese che ha fermato l’islamismo radicale ma è diventato un regime dittatoriale. Cosa ne dice?

Non è vero, chi dice così dimostra di non capire il mondo arabo. Questi Paesi non sono ancora pronti per una democrazia come la conosciamo noi. Va ricordato che in quei Paesi per combattere lo jihadismo terrorista c’è bisogno di uomini forti che decidano per tutti. L’islamismo ha ingenti forze economiche, è in grado di comprare la gente, mentre l’Occidente non sostiene chi fa una politica liberale. Dialoghiamo con la Fratellanza musulmana invece che con i moderati. Questi paesi hanno bisogno di uomini forti alla loro guida, il processo di democratizzazione è ancora in corso.

È un problema culturale?

Sono Paesi che sono sulla strada della democrazia. In Turchia e in Iran esiste una società moderata, aperta al dialogo, e c’è un dibattito in corso, tanto è vero che queste persone vengono messe in carcere. Serve del tempo, ma serve anche qualcosa di forte. L’Europa più è debole con l’islamismo e più questo avanza.

L’Europa si è comportata in modo contraddittorio, ad esempio abbandonando la Libia nel caos?

La Libia, ma anche l’Afghanistan è stato abbandonato, dopo che li abbiamo illusi per vent’anni di aver portato loro la democrazia.

Quindi ritiene che il 25 luglio i tunisini andranno a votare per questo referendum?

Me lo auguro. C’è bisogno di un uomo come Saied, non solo in Tunisia ma in tutto il mondo arabo. Va incoraggiato e sostenuto.

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