Lo descrive come “disperato” il suo legale, ma sono ancora tanti i punti che Alessandro Patelli, il giardiniere incensurato di 19 anni accusato di avere ucciso a Bergamo il nordafricano Marwel Tayari, dovrà chiarire nel corso di interrogatorio di convalida che probabilmente si terrà domani. Come riportato da Il Corriere della Sera, nelle prime dichiarazioni rese agli inquirenti, il ragazzo italiano che ha accoltellato il 34enne tunisino ha detto di aver reagito per “paura che mi colpisse“. La sequenza dev’essere ancora ricostruita con cura, ma pare che Patelli sia uscito dal suo palazzo con indosso già il casco da motociclista, di corsa, e che nel farlo abbia sfiorato Marwel, che era seduto lì davanti con la moglie Eleonora Turco e le due figlie di 12 e 2 anni. Da lì, nel giro di pochi istanti, un breve scambio di vedute, con il tunisino a chiedere maggiore attenzione, sarebbe degenerato in una colluttazione che ha visto il 19enne affondare il colpo per 6 volte, colpendo Tayari all’addome, alla giuguale, alla spalla e alla coscia.
TUNISINO ACCOLTELLATO A BERGAMO: LA VERSIONE DEL GIOVANE ITALIANO
Il pm Paolo Mandurino, come riportato dal Corriere della Sera, contesta a Patelli l’aggravante dei futili motivi, non la premeditazione, perché la tragedia si è consumata in una manciata di minuti. Dal racconto del ragazzo italiano emergono però alcune incongruenze: una riguarderebbe la bottiglia di birra che il nordafricano, uscito di prigione da 8 mesi (aveva precedenti soprattutto per spaccio, ma la moglie lo aveva denunciato anche per maltrattamenti), aveva in mano e che secondo il racconto del giovane poteva essere usata come oggetto contundente. Sembra infatti che Tayari avesse fatto cadere a terra l’italiano con uno sgambetto, scivolando a sua volta, e riuscendo a rialzarsi rapidamente. Davvero Patelli ha reagito per difendersi? Eppure il 19enne, ben più esile del nordafricano, non ha riportato neanche un graffio. Poi i vetri della bottiglia rotta sono stati rinvenuti accanto al cadavere dell’uomo, e non nel punto della colluttazione. Un dettaglio che sembra confermare le versioni fornite dalla moglie della vittima e di un senzatetto che ha assistito alla scena: “Mio marito aveva appoggiato la bottiglia e l’ha ripresa solo quando era già ferito – ha detto la signora Turco -. Quando è sceso la seconda volta quel ragazzo aveva già il coltello in mano. Mio marito era un leone, ma in questo caso si è trattenuto perché c’erano le bambine ed è morto davanti a loro. Non parlava più, si è gelato e ha smesso di respirare. Quando ho capito che il cuore aveva smesso di battere, gli ho chiuso gli occhi. Ora voglio una giustizia vera“.
Proprio il senzatetto ha detto di non aver visto il coltello tra le mani di Patelli, ma ha confermato che la bottiglia era a terra. L’arma del delitto è un coltellino a scatto che il 19enne dice di utilizzare soltanto nel terreno che coltiva a Trescore, dov’era diretto. Ci si chiede allora perché non lo abbia lasciato lì. Nella sua stanza, poi, è stato rinvenuto un altro coltello, da caccia, del quale il giovane aveva taciuto l’esistenza.