“Gran, Gran Sasso, che parli con le stelle le lacrime che asciughi son sempre quelle. Grande Sasso, conserva il tuo mistero e ogni sogno fatto lo vivrò davvero”. Le parole del cantautore teramano Ivan Graziani raccontano di una montagna che divide l’Adriatico dal Tirreno. Il gigante che dorme per alcuni, la bella addormentata con le sue sinuose curve per altri. Una montagna affascinante nel cuore dell’Italia. Così ricca da contenere una falda acquifera che rifornisce sia il versante teramano sia il versante aquilano. Così colta da custodire al suo interno un laboratorio di fisica nucleare, ancora unico al mondo per la profondità dove gli scienziati possono effettuare i loro esperimenti, fino a studiare i neutrini, piccole particelle che dal Sole arrivano sulla Terra. Così servile da essere stata penetrata dai mezzi meccanici che hanno realizzato due gallerie per favorire i collegamenti verso il mare o verso la capitale, a seconda della direzione che si prende. Il Gran Sasso unisce due lati dell’Italia, unisce il mondo, richiama su quelle cime chi vuole toccare le stelle, guardare l’infinito, scoprire la bellezza di sentieri e cascate e una natura incontaminata.



Eppure in questi giorni il Gran Sasso è al centro delle cronache nazionali a causa della mancanza di sicurezza, che in alcuni casi avrebbe portato alla contaminazione della falda acquifera, sia per colpa degli elementi chimici di scarto dei laboratori del Gran Sasso, sia per colpa di chi ha provveduto alla ripavimentazione del tracciato stradale sotto la galleria. Un’inchiesta aperta dalla procura di Teramo, la preoccupazione da parte dei gestori dell’autostrada, la Toto Holding proprietaria di Strada dei Parchi Spa, di reiterare questo presunto reato. Da qui la minaccia di chiudere il traforo al transito dei veicoli e la conseguente preoccupazione di vedere l’Italia divisa in due. Spezzata. Con l’impossibilità di andare da una parte all’altra se non percorrendo vecchie strade di montagna, tornanti, con la conseguenza di allungare in maniera impressionante i tempi di percorrenza.



Subito in auge sono emersi i movimenti ambientalisti, che vedono rischi dappertutto: dove ci sono, dove non ci sono, dove si possono solo ipotizzare. Ma senza prove concrete. Non bisogna neanche lasciare da parte la questione politica: c’è una linea di pensiero che vorrebbe togliere la gestione privata delle autostrade, comprese l’A24 e l’A25, per rimettere tutto nelle mani dell’Anas. Obiettivo, abbassare i costi a carico di chi utilizza l’arteria quotidianamente o anche solo per andare in vacanza, garantire quegli investimenti che nel piano economico finanziario di Strada dei Parchi sono ancora fermi al 2013.



Cosa succederà in futuro è difficile saperlo. Nel presente è stata scongiurata, almeno per ora, la chiusura del traforo. Si continuerà a bere l’acqua che sgorga da quella montagna e che viene costantemente monitorata, e che tutti al momento garantiscono essere pura e buona come poche. Si potrà continuare ad andare verso Roma o verso le spiagge dell’Adriatico e gli scienziati potranno continuare i loro esperimenti. Tanto rumore per nulla, forse. Sicuramente un allarme che è servito per capire tutto quello che deve essere fatto, dalla messa in sicurezza dei laboratori di fisica nucleare a una maggiore attenzione quando si utilizzano materiali per i lavori di manutenzione in autostrada. A questo bisogna aggiungere che bisogna continuare a controllare i piloni autostradali, i viadotti, costruiti negli anni 70 quando non c’era una normativa antisismica così stringente, rivista e ammodernata dopo i terremoti del 2009, 2016 e 2017.

Serve il buon senso, da parte di tutti gli attori in causa. Intanto chi ha tempo può scegliere di arrivare in cima alla montagna, toccare le stelle, sentirsi più vicino al Mistero.