La recente dichiarazione di Ali Babacan, ex ministro dell’Economia e ora fondatore del Partito democratico e del progresso (Deva), è di quelle da far tremare i polsi: Erdogan non rimarrà al potere oltre il 2023.
Che la scena politica turca sia in fermento lo si era capito da tempo, anche grazie alla perdita di consensi del partito al potere, l’Akp del presidente Erdogan, e alla fondazione, in rapida successione, di due partiti nati da altrettante defezioni dall’Akp. Il Partito del futuro è stato fondato alla fine del 2019 dall’ex premier Ahmet Davutoglu, che ha lasciato l’Akp per problemi con la dirigenza. Secondo i ben informati, era preoccupato per la deriva autoritaria intrapresa da Erdogan. Il suo partito ad oggi non sembra però impensierire il sultano.
Ben altra storia è Ali Babacan. Classe 1967, dopo essersi laureato all’Ankara College è volato negli Stati Uniti per completare i suoi studi e ha conseguito un Mba dalla Kellogg School of Management della Northwestern University di Evanston, specializzandosi in marketing, comportamento organizzativo e affari internazionali. Per due anni ha fatto esperienza in importanti imprese americane ed è tornato in Turchia nel 1994, quando fu chiamato come consigliere del sindaco di Ankara.
Nel 2001 è stato tra i fondatori dell’Akp e l’anno successivo fu eletto deputato in rappresentanza della capitale turca. Sempre nello stesso anno fu nominato ministro dell’Economia ed è diventato, a soli 35 anni, il membro più giovane del governo.
La sua missione era quella di far uscire la Turchia da una serie di crisi economiche molto forti, cosa che gli è riuscita per un certo periodo di tempo. Nel suo ruolo di ministro ha avuto modo di farsi conoscere e apprezzare anche all’estero: infatti riscuote molto successo negli ambienti economici internazionali. In patria non si è mai lasciato trascinare dagli argomenti populisti del capo del partito e del governo, comportandosi più da tecnico che da politico. Dal 2005 ha guidato i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea. Nel 2019 ha lasciato l’Akp a causa di profonde divergenze con la leadership e sulla gestione del partito.
Ora tra i due leader politici è sfida aperta: secondo Babacan, ovviamente, in Turchia non ci saranno elezioni anticipate, soprattutto perché il presidente non sarebbe disposto a rinunciare al potere aprendo la contesa elettorale. Questo in linea con la politica erdoganiana di accentramento dei poteri nelle sue mani e di scarsa sintonia democratica.
Nel corso dell’intervista Babacan ha criticato le scelte economiche e politiche di Erdogan. Ha sottolineato che le risorse finanziarie della Turchia si stanno esaurendo, a causa dell’ormai crisi economica cronica in cui il paese si dibatte da anni. Per cercare di porre un freno alla caduta libera, su ordine di Erdogan la Banca centrale ha fatto ricorso alla stampa di valuta nel tentativo di stabilizzare l’economia. Questa misura potrebbe però rivelarsi un’arma a doppio taglio, vista la pesante situazione economica turca e l’elevato tasso di inflazione che colpisce il suo sistema economico, in maniera ormai persistente.
Ad un primo colpo d’occhio pare ci siano tutti gli elementi per uno scontro ad alti livelli, anche se è troppo presto per giungere a delle conclusioni; ciò che pare preannunciarsi è una battaglia per il potere, nella quale il sultano potrebbe perdere quello che ha costruito negli ultimi vent’anni.
Intanto va guardato con attenzione il percorso politico di Ali Babacan. Potrebbe riservarci delle sorprese.