Tutto un altro Erdogan. Dopo la sua rielezione a presidente della Turchia ha cambiato completamente politica rispetto alle promesse elettorali. Anzi, ha addirittura ripreso quello che è stato uno dei cavalli di battaglia del suo avversario nella corsa allo scranno più alto della Repubblica. Kilicdaroglu, infatti, il candidato sconfitto, guardava all’Unione europea, prefigurando un riavvicinamento tra Ankara e Bruxelles. Ora questo stesso tema è stato fatto proprio da Erdogan, tanto da arrivare a porre la riapertura della procedura per inglobare la Turchia nella Ue come condizione per far entrare la Svezia nella Nato.
La verità è che in questo momento l’economia turca per risollevarsi ha bisogno dell’Europa, suo principale partner commerciale, e il rinnovato europeismo di Erdogan serve proprio ad acquisire la benevolenza del Vecchio Continente. Il presidente turco d’altra parte, osserva Rony Hamaui, docente di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative all’Università Cattolica ed esperto di economia e finanza islamica, ha cambiato completamente la sua politica economica, arrivando già al secondo rialzo dei tassi di interesse per cercare di bloccare un’inflazione galoppante, da tempo stabilizzata su numeri a doppia cifra, addirittura al 65%. Ecco tutti i motivi del cambio di rotta turco.
Professore, come mai Erdogan torna a guardare all’Unione europea?
Dopo le elezioni, come dicono gli inglesi, ha fatto uno “you turn” su tantissime cose, sull’economia, dove ha cambiato Governatore della Banca centrale e ministro, sui tassi di interesse, che ha fatto salire due volte; è cambiata la politica monetaria, così come quella fiscale, nella quale ha posto sotto controllo i sussidi introducendo una serie di tasse. Ha seguito politiche più rassicuranti per l’Occidente e più in linea con la teoria economica corrente. Ha cambiato idea nella politica estera, accettando che la Svezia entrasse nella Nato. Nei confronti della Russia si è dimostrato più duro. Ha cambiato idea, insomma, su tantissime cose non avendo più la necessità di portare avanti politiche populiste. E ha fatto marcia indietro anche in merito all’atteggiamento nei confronti dell’Unione europea. Per quanto riguarda il calendario della politica sia economica che estera è tornato a vent’anni fa.
Questo perché si è reso conto che la situazione economica del Paese è tale che non poteva continuare come faceva prima?
Certo. Si è reso conto che alla fine gli conveniva non fare più il fenomeno e allinearsi a quelli che sono i principi della teoria economica e del buon senso politico. I rapporti con l’Unione europea vanno letti alla luce di questo contesto.
Erdogan crede veramente nella possibilità di entrare nella Ue oppure strizza l’occhio all’Europa per motivi di convenienza?
E’ un cinico e quindi è difficile rispondere. Certamente non è stupido, ha capito che è suo interesse fare così. Ma cosa ci sia nella sua testa non si può sapere. Osservo solo che c’è stato un grandissimo cambiamento in tantissime aree.
Sotto tanti aspetti la Turchia probabilmente non ha i requisiti per entrare nell’Europa dei 27, Erdogan ne è consapevole?
Lui sa che non entrerà nell’Unione europea, ma gli serve di un po’ di benevolenza perché ha bisogno degli investimenti europei, che si erano completamente fermati. E ora sono ripresi: la bilancia dei pagamenti turca è migliorata tantissimo. Sono ricominciati ad arrivare soldi nel Paese. E già questo per Erdogan è un successo.
Da quando è iniziata la guerra la Turchia è diventata un po’ l’hub delle triangolazioni tra Russia e Occidente per aggirare le sanzioni nei confronti di Mosca. Continuerà ad esserlo?
Questo rimarrà probabilmente, anche se a Erdogan non è riuscito l’accordo sul grano ucraino con i russi. Tutto ciò che conviene alla Turchia continuerà ad esserci, le triangolazioni continueranno.
Continuerà a mantenere il piede in due scarpe, anche se un po’ meno di prima?
Almeno all’apparenza meno di prima.
Dal punto di vista economico qual è la forza della Turchia?
E’ un grande Paese di quasi 90 milioni di abitanti, è cresciuta molto e continua a crescere con tassi del 4-5%. Ha una posizione strategica molto importante, tantissimi investimenti esteri, dal settore dell’auto a tanti altri. L’Europa ha investito molto sul Paese, almeno le imprese. Però è anche un Paese che ha tanti problemi: il terremoto è stato una bella botta. Non per niente Erdogan ha introdotto una tassa sulla benzina per ripagarsi una parte delle spese per la ricostruzione.
Riguardo alle conseguenze del sisma sarebbero in arrivo fondi arabi.
Erdogan sta cercando soldi dai Paesi arabi, l’Arabia saudita gli ha promesso qualche miliardo di dollari. La Turchia rimane, comunque, un grande Paese.
Ma i suoi partner commerciali principali quali sono?
L’Europa rimane assolutamente cruciale. A parte la Russia che triangola i partner più importanti della Turchia sono lì. La Cina è cresciuta molto, ma l’Europa, anche geograficamente, resta il suo punto di riferimento.
Vista la situazione economica Erdogan sarà in grado di sostenere le sue “ambizioni imperiali” che lo hanno portato, ad esempio a una presenza significativa, ad esempio, in Libia e Siria?
Erdogan ha 70 anni, può governare tranquillamente per i prossimi cinque anni, è abbastanza sereno. Più che per l’intervento in Libia aveva speso tantissimo in sussidi, aiuti alla popolazione per farsi rieleggere. Adesso non ne ha più bisogno e sta tagliando da questo punto di vista. Per quanto riguarda la politica estera continuerà a giocare un ruolo importante, forse un po’ meno rispetto ad ora.
Il tentativo di riavvicinamento alla Ue è andato di pari passo con quello rispetto alla Nato: sono i due facce della stessa medaglia, conseguenza di un nuovo atteggiamento nei confronti dell’Occidente?
Quello nei confronti della Nato è un riavvicinamento, ma non si è mai allontanato veramente. Erdogan, comunque, è un personaggio complesso. Potrebbe anche cambiare di nuovo idea, lo ha fatto tante volte. Per adesso gli conviene comportarsi così.
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