È caos in Turchia dopo lo stupro di una bambina di 7 anni da parte di un migrante siriano nella provincia di Kayseri: le proteste vanno avanti da giorni, con la Polizia turca che ha arrestato oltre 470 persone per avere partecipato ai progrom, le quali chiedono l’espulsione immediata dal Paese degli stranieri. I residenti, come ricostruito da Al Jazeera, hanno capovolto le auto e dato alle fiamme le case e i negozi dei siriani, rendendo necessario l’intervento delle forze dell’ordine per riportare alla calma la situazione.



Il ministro degli Interni turco Ali Yerlikaya, in un comunicato, ha accusato i responsabili di questi disordini di agire “illegalmente in un atteggiamento che non si adatta ai valori umani” del Paese. Anche il Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha condannato gli atti di violenza, incolpando inoltre i partiti di opposizione per aver alimentato la rabbia della popolazione. “È inaccettabile bruciare case, vandalizzare e dare fuoco a ciò che si trova nelle strade. Nulla può essere ottenuto alimentando la xenofobia e l’odio per i rifugiati nella società”, ha affermato.



La presenza dei siriani in Turchia e le violenze

La vita dei siriani in Turchia non era semplice neanche prima della denuncia dello stupro di una bambina di 7 anni da parte di un migrante. Sono più di 3,5 milioni infatti le persone di questa nazionalità che risiedono nel Paese, si tratta del numero più alto nella storia: in passato erano stati inizialmente accolti come rifugiati quando è scoppiata la guerra civile in Siria nel 2011, poi però sono rimasti e la loro presenza è sempre più aumentata. 

La maggior parte dei siriani vive sotto lo status di “protezione temporanea” e molti successivamente sono diventati cittadini, ma il sentimento anti-rifugiati è sempre stato in aumento, soprattutto negli ultimi tempi a causa dei problemi economici della Nazione. Non è la prima volta in tal senso che si scatenano proteste di questo genere. Le rivolte anti-siriane sono scoppiate ad esempio nel 2021, dopo che un adolescente turco è stato accoltellato e ucciso in una lotta con un gruppo di giovani siriani nella capitale, Ankara.