Ci sono alcuni aspetti che devono essere precisati per capire le linee di forza attraverso le quali si è mosso il presidente turco uscente Recep Tayyip Erdogan, sia all’interno della Turchia che in politica estera.

Innanzitutto è ormai assodato che Erdogan intende annullare le riforme laiche poste in essere da Mustafa Kemal; auspica, pertanto, un ritorno al passato, poiché considera il ridimensionamento territoriale rispetto a quello che era l’impero ottomano come un’insopportabile umiliazione, e proprio per ripristinare la grandezza dell’ex impero Erdogan vuole una stretta sinergia tra il potere politico e quello religioso.



A tale proposito non va dimenticato che una delle scelte più rilevanti fatta dall’attuale amministrazione turca è la negoziazione delle acque territoriali della Grecia nel Mediterraneo orientale, mentre un’altra vede la repressione dei curdi per impedire che ci sia un ulteriore ridimensionamento territoriale. Per quanto riguarda invece la dimensione strettamente religiosa, va tenuto presente che le due città sante dell’islam – La Mecca e Medina – si trovano nell’ex territorio dell’impero ottomano, che ha sempre mantenuto e salvaguardato la propria leadership nel mondo musulmano. Obiettivo del presidente uscente è che la Turchia abbia la leadership religiosa dell’islam.



In secondo luogo Erdogan aspira a comandare la comunità di lingua turca a livello globale, compresi il Caucaso e l’Asia centrale. Uno degli strumenti per raggiungere questo obiettivo è il corridoio di Zangezur (Armenia), ivi compreso il conflitto tra Armenia e Azerbaijan che gli consente l’accesso terrestre alle altre regioni di lingua turca.

Per quanto riguarda le imminenti elezioni, il fatto stesso che Erdogan avesse la possibilità di posticiparle di sei mesi, e non lo abbia fatto perché riteneva questa cosa dannosa dipende anche dalla certezza che lui ha di poter vincere di nuovo le elezioni nonostante i sondaggi dei media, non sempre molto affidabili e credibili.



Ammettendo per ipotesi che egli perda le presidenziali di oggi, non va dimenticato che Erdogan ha ridimensionato profondamente i vertici dell’esercito, dell’amministrazione e della magistratura per piazzare i suoi alleati ed amici. Questo renderà in ogni caso molto difficoltoso da parte del suo successore governare il Paese con una certa stabilità. Insomma Erdogan è stato in grado di ristrutturare lo “Stato profondo” turco a suo vantaggio.

In terzo luogo, un altro aspetto molto interessante a livello di politica estera sta nel fatto che la Turchia ha sempre sostenuto sia la Fratellanza musulmana che Hamas. Ma il pragmatismo opportunistico di Erdogan lo ha indotto a riconciliarsi con Israele e allo stato attuale le relazioni bilaterali sono ottime e proficue. Anche il riavvicinamento con l’Arabia Saudita è degno di nota: sebbene dopo l’omicidio di Khashoggi la Turchia abbia posto in essere una campagna di propaganda antisaudita, la crisi economica turca ha spinto Erdogan nelle braccia dei sauditi, che hanno investito nell’economia turca rilevanti risorse. Ancora una volta la realtà dei fatti ha indotto il “sultano” a scegliere il pragmatismo rispetto alla preclusione ideologica.

In quarto luogo, per quanto riguarda l’Iran, le relazioni bilaterali sono invece peggiorate, soprattutto per il supporto militare che l’Iran ha dato all’Armenia. Ma esiste un’altra ragione che attiene il contrasto fra Iran e Turchia: l’Iran non vuole l’accesso di Ankara al Caucaso e allo stato attuale ha un importante diaspora armena presente sul suo territorio. Proprio per questo non può che opporsi al progetto turco-azero nella regione. Non a caso l’Iran ha posto in essere diverse manovre militari proprio per manifestare il dissenso e il disaccordo rispetto a queste scelte politiche.

A differenza del nostro Paese, la Turchia – piaccia o non piaccia – è una potenza regionale, cioè è una potenza militare che conta e le sue alleanze sono sempre a geometria variabile proprio per le scelte pragmatiche attuate dall’attuale presidente turco. Lo dimostrano anche le scelte attuate in Africa, per esempio attraverso i grandi gruppi di costruzioni, che attuano la volontà turca di espandersi a livello economico. Ed è significativo il fatto che Russia e Turchia agiscano praticamente nella stessa zona ma senza che vi siano contrasti di sorta (almeno fino a questo momento).

Infine, se la Turchia sta rafforzando il suo potere militare soprattutto nella zona del Mediterraneo, lo si deve anche alla debolezza politica intrinseca dell’Europa.

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