Emergono nuovi (e per certi versi sempre più sconcertanti) retroscena sulla morte di Giulia Cecchettin, ordita – anche se lui stesso ha parlato di un raptus senza premeditazione, ma ci arriveremo – da Filippo Turetta lo scorso 11 novembre: i nuovi dettagli sono impressi nero su bianco sulle carte dell’interrogatorio a cui si è sottoposto il ragazzo 22enne il primo dicembre, dopo l’arresto in Germania e il suo trasferimento in Italia su richiesta della Procura. Davanti agli inquirenti – oltre ad aver ripercorso tutti quegli ultimi tragici momenti di vita di Giulia Cecchattin – Filippo Turetta avrebbe anche raccontato dove trovare una delle due armi del delitto, il cellulare della ragazza e il suo computer: tutti oggetti rimasti avvolti dal mistero fino a pochi mesi fa.



Tornando a quella zona industriale di Fossò in cui si sarebbe consumato (almeno in parte) l’omicidio della ragazza prossima alla laurea, il killer reo confesso ha spiegato agli inquirenti di essere rimasto fermo con la sua auto per alcuni minuti – come dimostrano i video di sorveglianza – perché “non riuscivo a trovare il suo cellulare“. Dopo aver trovato il dispositivo e ripreso la sua folle marcia verso la Germania, Filippo Turetta racconta di aver “gettato il coltello, il suo cellulare e il mio tablet non molto dopo Fossò, in un piccolo fossato di una strada laterale“; mentre interpellato sul computer di Giulia Cecchettin ha detto di averlo “messo fuori dalla macchina in una strada di Aviano”.



La lista sul cellulare di Filippo Turetta: “Fai il pieno e compra un coltello”

Dettagli sicuramente importanti perché potrebbero aiutare l’accusa a smontare la difesa di Filippo Turetta sul gesto compiuto in preda ad una delirante rabbia, senza alcuna premeditazione e che si uniscono ad altri due dettagli importanti emersi sempre dall’interrogatorio. Il primo (doppio) parla di presunte aggressioni che ci sarebbero state già negli anni passati: la prima “a fine ottobre” quando dopo un litigio in cui “ci eravamo alterati un po’ più del solito – avrebbe raccontato sempre lo stesso Filippo Turetta – io ero molto arrabbiato e le ho dato uno schiaffo su una coscia“; mentre la seconda un paio di mesi prima quando “parlando di lasciarci abbiamo discusso e ad un certo punto lei voleva andare via. Io l’ho afferrata per un braccio per fermarla“.



Il secondo (e ben più importante) dettaglio arriva dall’analisi del cellulare del 22enne, sul quale gli inquirenti – riferisce FanPage citando Quarto Grado – avrebbero trovato una lista che smonterebbe definitivamente la difesa: “Fare il pieno – scrive Filippo Turetta con tanto di checklist spuntata in verde -; controllare gli sportelli; ferramenta; lacci di scarpe; calzini; sacchetti dell’immondizia; nastro adesivo” e poi – ancora – “legare sopra caviglie e sopra ginocchia; spugna bagnata in bocca; coltello”.

Con tutto questo vociare non sono mancate le reazioni sia del legale dello stesso Filippo Turetta, che dell’avvocato che segue la famiglia Cecchettin: il primo – Monica Cornaviera – citato da Ansa si sarebbe limitato a dire che “siamo sorpresi perché in uno Stato di diritto i processi si celebrano nelle aule di giustizia e non nei salotti televisivi”; così come il secondo – Stefano Tigani – ha rimesso la palla a centro campo, spiegando che “preferisco concentrarmi sul processo che avremo a breve. A me gli scoop non interessano, mi interessa solo l’accertamento della verità”.