Fari accesi sull’Alto Adige, che sta registrando un vero colpo di coda d’inverno, con nevicate da 10 centimetri (sull’Obereggen) a 20 (Pian dei Cavalli), in aumento. Bene per gli sciatori e per un prosieguo di stagione inaspettato. Ma i fari praticamente di tutt’Europa si sono accesi sul territorio per la decisione di imporre il “numero chiuso”, con una deliberazione della provincia autonoma di Bolzano (che di fatto riguarda l’intero Alto Adige), un provvedimento che non ha precedenti.
Il limite, ovviamente per i turisti, prevede un tetto massimo di 34 milioni di pernottamenti, tarato sul numero di presenze registrate in Alto Adige nel 2019. “Abbiamo fissato limiti come la somma di tutte le opportunità di pernottamento – ha detto l’assessore Arnold Schuler -: il numero dei posti letto per ogni singolo comune, salvo diritti già acquisiti, non può più essere aumentato. Entro giugno terminerà la registrazione di tutte le strutture presenti sul nostro territorio”. Non si tratta di un vero fulmine nel sereno: si erano già prese misure contenitive, ad esempio, per l’Alpe di Siusi, l’altopiano più vasto d’Europa, patrimonio Unesco, dove la strada è chiusa al traffico privato dalle 9 alle 17, o per il lago di Braies, già a numero chiuso, con prenotazione obbligatoria.
La misura sta generando reazioni contrastanti e prevedibili: la distanza tra parco tematico, salvaguardia dell’ambiente, vivere civile e democratico, libertà di condivisione, è un filo sottile, ed è destino restarvi sempre in bilico. Le posizioni si radicalizzano tra i sostenitori della lotta all’overtourism con qualunque mezzo, e chi al contrario intende i territori (specie quelli attrattivi e, come si dice oggi, instagrammabili) comunque sempre aperti e disponibili, lasciati alla responsabilità dei singoli e alla logica dei mercati. Schiacciate in mezzo, restano le amministrazioni che quei territori si trovano a dover governare, anche loro in bilico tra la protezione del lavoro e dei guadagni di chi di turismo vive, e la salvaguardia della vivibilità, del rispetto ambientale, della sostenibilità.
Tutto questo deriva dal laissez faire da sempre adottato e dall’assenza di politiche illuminate sulla gestione dei flussi, per arrivare al punto di non ritorno attuale, che impone scelte che sarebbero state evitabili se si fosse intervenuti per tempo, con la promozione di mète alternative, di calendari di eventi meglio scaglionati, con l’adozione di tariffe dinamiche.
L’Alto Adige conta circa 240 mila posti letto turistici, e quindi da adesso non se ne potranno aggiungere altri. Ma si parla di pernottamenti, quindi il limite non interesserà il turismo mordi e fuggi, quello mattina-sera, che comunque inciderà sugli affollamenti, senza portare ricadute economiche significative sul territorio. Probabilmente la nuova delibera, se si vorranno conseguire risultati concreti, dovrà essere seguita da altre specifiche…
Ed è curioso anche considerare che la prossima stagione estiva – secondo l’Osservatorio del turismo outdoor di Human Company – si prospetta già eccezionale per il turismo all’aria aperta, con una previsione di presenze di 56,6 milioni in giugno, luglio, agosto e settembre, in aumento del 2% rispetto al 2022 (55,5 milioni) e dell’1% rispetto al 2019 (55,9 milioni) pre-pandemia.
Secondo la ricerca, questo sarà l’anno del consolidamento del recupero dei flussi turistici registrato nell’estate 2022, ma rappresenterà anche uno dei migliori degli ultimi dieci anni, inferiore solo al 2017 (57,9 milioni). Sorge una domanda: chi arriverà in Alto Adige con la sua tenda, in camper o con una roulotte, farà quorum?
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