Alzi la mano chi s’è accorto che venerdì scorso, 5 maggio, s’è celebrata (si fa per dire) la Giornata europea del Turismo, un “evento” (e ancora si fa per dire) che fino al 2018 era stato organizzato annualmente dalla Commissione europea quale “momento di incontro e confronto fra i diversi soggetti dell’ampio ecosistema del turismo sui temi caldi del momento”. Temi che evidentemente negli ultimi cinque anni non sono stati giudicati abbastanza caldi, nonostante le emergenze indicassero il contrario: dal 2018 a oggi la giornata era passata in archivio, dimenticata, mentre adesso è rinata quale “opportunità di fare il punto sulla politica del turismo dell’U3 nel contesto della transizione verde e digitale e dare seguito al percorso di transizione del turismo e condividere le migliori pratiche per la sua co-implementazione nella prospettiva 2030”.
Il tutto s’è tradotto, a Bruxelles, in un “minimo sindacale”: una relazione del commissario per il Mercato interno Thierry Breton (sul tema: come creare un ecosistema turistico resiliente e leader a livello mondiale con Pmi innovative e comunità fiorenti?) e tre tavole rotonde dedicate alla digitalizzazione del turismo, alla sua transizione verde e alla qualificazione e riqualificazione degli attori coinvolti.
Il sospetto che a questa giornata europea ci credano in pochi è abbastanza fondato, vista la generale assenza di commenti e partecipazione. In solitaria il messaggio diffuso dal vicepresidente del Senato, Gianmarco Centinaio, sensibile da sempre ai temi legati al turismo (diresse anche quel dicastero nel Governo Conte 1, tra il 2018 e il 2019): “Nella Giornata Europea del Turismo – ha scritto -, voglio ringraziare tutte le persone che lavorano in questo settore. Addetti alla ricettività e alla ristorazione, agenzie di viaggi, guide turistiche e tutti gli altri. Anche se l’Italia può contare su tanti professionisti qualificati, la formazione deve rimanere una priorità. Abbiamo tante opportunità davanti a noi, grazie anche alle nuove tendenze basate sulle esperienze e sulla riscoperta di piccole realtà locali, che non appartengono ai circuiti turistici di massa. Inoltre, non dobbiamo mai dare per scontato il ritorno dei turisti stranieri nel nostro Paese. Non bastano paesaggi, patrimonio artistico e culturale, prodotti enogastronomici e le altre nostre ricchezze, se non siamo in grado di fornire servizi adeguati e di soddisfare le esigenze dei visitatori. Per vincere queste sfide, dobbiamo potenziare le competenze degli operatori del settore. I giovani che vogliono intraprendere questo percorso possono trovare già oggi grandi opportunità di lavoro. Ma le imprese che vogliono assumere persone preparate devono pagarle quanto meritano. Il governo sta studiando le soluzioni più adeguate e presto sarà pronto a dare una mano”.
È un messaggio che sembra destinato non tanto alle liturgie europee, quanto alla travel and hospitality industry italiana, che si trova oggi (a pandemia dichiarata finita, ma che ancora lascia in giro tracce anche psicologiche di long-Covid) ad affrontare nuove sfide: la carenza del personale, i trattamenti economici spesso non adeguati alle mansioni richieste, la formazione poco aggiornata degli addetti, il bisogno fondamentale di puntare alla qualità dei servizi per raggiungere standard competitivi, la necessità di decentrare i flussi turistici anche verso mète giudicate meno attrattive solo perché meno conosciute. Non si tratta di problemi solo italiani, chiaramente, e proprio per la condivisione estesa tra i Paesi di questi denominatori comuni che caratterizzano oggi il mondo del turismo sarebbe il caso che la Comunità europea cominciasse ad affrontarli concretamente.
Il ministero del Turismo italiano ha elaborato il nuovo Piano strategico 2023-2027, che andrà ad aggiornare quello adottato nel 2017. Il documento è già stato trasmesso alla Camera e al Senato dopo il via libera della Conferenza Stato-Regioni. Adesso le commissioni competenti delle due Camere dovranno esprimersi prima che il testo possa essere adottato dal Governo. Lo scopo ultimo del nuovo Piano “è soddisfare i segmenti target attraverso l’accrescimento della qualità dei servizi offerti in ambito turistico, grazie al miglioramento infrastrutturale e della mobilità”.
A quando un piano strategico europeo?
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