Grandi risultati per i ponti di primavera: nonostante le incertezze meteo, località turistiche e città d’arte hanno registrato presenze record. E proprio il traino della travel and hospitality industry ha spinto nel primo trimestre dell’anno a una crescita del Pil dello 0,6%, rispetto a ottobre-dicembre 2022 (+1,9% su base annua, 0,1 punti in più rispetto alla stima di aprile), contro il +0,5% stimato dall’Istat e contro il +0,1% della zona euro, zavorrato dal calo dell’economia tedesca. Ottime performaces, quindi, per il turismo italiano, ma anche alcune criticità, come la cronica carenza di personale che sta causando disservizi e degradi di qualità. Il problema è datato e ben noto: solo l’anno scorso, secondo Unioncamere, ha coinvolto il 40% delle assunzioni, ma il trend è in aumento, anche per il pessimo andamento demografico.



Il minor valore aggiunto causato dell’inserimento ritardato soprattutto per le qualifiche professionali di più difficile reperimento è stimato in circa 40 miliardi di euro, circa il 3% di quanto generato da commercio e turismo, costruzioni e infrastrutture. Secondo Assoturismo, nei mesi primaverili del 2023 la mancanza di lavoratori stagionali sta raggiungendo le 50 mila unità. E la richiesta nel corso della prossima stagione estiva potrebbe arrivare fino a 100 mila lavoratori.



“La cattiva rappresentazione della filiera e la narrazione sbagliata della nomenclatura e della considerazione delle competenze è stata finora disincentivante – ha detto Ivana Jelinic, Presidente Enit, al recente dibattito organizzato con Mintur, Federalberghi, Federturismo -. Essere impiegati nel settore è da troppo tempo visto come un ripiego lavorativo. Non esiste lavoro di serie a e serie b. Di base c’è un problema culturale. Ci vuole una mappatura delle competenze e l’abbattimento della discrezionalità formativa lasciata a enti di formazione, presidi e camere commercio. Si genera frammentazione. Dobbiamo invece essere competitivi e capaci di farci scegliere a livello internazionale, tenendo presente che nel turismo la competizione non è tra imprese all’interno della nazione, ma tra destinazioni, quindi tra l’Italia e altre mete nel mondo.  Se il turismo vale il 13% del Pil, va tradotto in scelte politiche mirate e centrali perché è un comparto che genera valore a tutta l’economia”.



“Va uniformato il percorso professionale – aggiunge Marina Lalli, presidente Federturismo Confindustria – perché altrimenti i territori si orientano senza una rotta e tutto è lasciato al buon senso degli operatori di turno. Attualmente il problema è la mancanza del personale: sarebbe necessario un intervento del Governo sui compensi dei lavoratori e incentivi fiscali. Sul lungo periodo la situazione potrebbe essere risolta disegnando percorsi di formazione standardizzati per tutte le categorie del turismo”.

“Abbiamo avviato i contatti con i rettori italiani – sostiene Barbara Casagrande, segretario generale Mintur – per una ricognizione dei percorsi frammentati sul turismo. Intanto stiamo avviando un master, ma resta da lavorare sulla formazione di primo livello. Tutto atterrerà sul portare del turismo digitale, che nel 2026 sarà uno strumento straordinario”. In ogni caso, la difficoltà nel recruiting del personale nel turismo è “un fenomeno non solo italiano – precisa Alessandro Massimo Nucara, direttore generale Federalberghi e presidente dell’Ente bilaterale nazionale del turismo ., il problema è esploso ancora di più con la pandemia. La chiave di lettura è creare relazioni salde con i collaboratori. Lavorare mentre gli altri si divertono non è facile, non è da tutti, non è per tutti. Si deve considerare il lavoro nell’ambito turistico come una missione, oppure è necessario attivare delle politiche incentivanti”.

Come quelle proposte dalla presidente di Isnart, Loretta Credaro, che punta “a una certificazione delle competenze con credenziali individuate dopo un confronto pubblico e privato. La creazione di un’academy che allinei la formazione per ridefinire il modello. Senza turismo non c’ è commercio. Occorre far crescere la consapevolezza in un sistema critico”.

Tanto critico che per i lavoratori del turismo il contratto nazionale è scaduto dal 2018.

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