Neanche il tempo di ritrovare il sorriso perduto durante la pandemia, e riconquistato in questa estate che ha visto il record di presenze, ed ecco che gli albergatori, titolari o gestori di strutture, si vedono cadere addosso un’altra tegola, forse ancora più pesante del Covid, perché assolutamente volubile, imprevedibile, legata a fattori sui quali ben poco si può intervenire, se non con strumenti che devono essere attivati a livello geopolitico, internazionale.



Si tratta, naturalmente, del costo dei prodotti energetici, gas e derivati ed energia elettrica, un innesco che motiva in filiera rincari generalizzati, dalle materie prime (un esempio solo su tutti: il latte sta raggiungendo i due euro al litro) ai servizi (altro esempio su tutti: in luglio i prezzi dei voli internazionali sono aumentati del 160%).



La situazione, e le previsioni per l’autunno-inverno, sono drammatiche per tutto il settore, in tutto il Paese. Stavolta di esempi ne facciamo qualcuno in più, ma potrebbero essere molti, molti di più, almeno 33mila, tanti sono gli alberghi in Italia, oltre ai resort e ad altre tipologie di strutture ricettive, tutti alle prese con lo stesso incubo: il conto-energia.

A Roma, con il tasso di occupazione-camere previsto per l’autunno, gli hotel saranno in grado di sopportare al massimo un rincaro del 15 per cento. Se si sfora, si chiude. Lo dice il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli: “Se un hotel pagava 10mila euro al mese, ora ne paga 40mila. La preoccupazione è soprattutto per gli alberghi stagionali: dovranno aprire più tardi e chiudere prima. Conviene rimanere chiusi, anche perché gli impianti termici devono restare comunque accesi e sono centralizzati. L’abbassamento di uno o due gradi delle temperature è un palliativo: è utile se i rincari non vanno oltre il 10 per cento”.



In Veneto, Assoturismo ritiene necessario rivedere il credito d’imposta per gas ed energia elettrica. “Il credito d’imposta – spiega il presidente Francesco Mattiazzo – compensa solo in parte l’aggravio della spesa energetica e interviene solo dopo aver pagato la bolletta maggiorata”. Servono quindi interventi sia di natura fiscale, come la riformulazione delle riduzioni Imu, sia interventi diretti. “È evidente – continua Mattiazzo – che, per evitare ulteriori rincari nell’ultimo trimestre, sia urgentissima la revisione del Pun, ovvero delle modalità su cui si forma il prezzo di acquisto dell’energia elettrica e accelerare sul Recovery Fund energetico europeo”.

“Lo tsunami-energia si abbatte anche sugli alberghi, molti per restare a galla dovranno ritoccare le tariffe di almeno 7-15 euro”. È l’allarme lanciato da Stefania Piccardo, presidente di Upa, l’Unione provinciale degli albergatori di Savona.

“Fino ad oggi – sottolinea Ludovica Cella, presidente di Federalberghi Piacenza – gli alberghi hanno cercato di resistere, limitando l’aumento delle tariffe facendosi carico di costi sempre più ingenti. Questa situazione però non è più sostenibile nel medio-lungo periodo. Le condizioni generali del mercato sono a dir poco incerte, tra inflazione galoppante e avvisaglie di recessione. La situazione non può essere sostenuta da noi operatori ancora per molto. Per far quadrare i conti saremo costretti ad aumentare le nostre tariffe. Un incremento che si riverserà sulle aziende, visto che la clientela della nostra città è prevalentemente di tipo business”.

“Mancavano solo le super bollette – afferma Amedeo Faenza, presidente Federalberghi Modena -. Se lavoriamo in perdita, perché di questo si tratta ormai, e non solo di riduzione della marginalità dei guadagni, non duriamo ed è un vero peccato, visto che il turismo faticosamente sta ripartendo. Le bollette sono l’ultima mazzata”.

Riscaldamenti al minimo, interi piani degli alberghi al buio e al freddo, sperando in un inverno mite. Sono tutte possibilità al vaglio per resistere. “La situazione è drammatica – sostiene Lino Stoppani, presidente di Fipe -. Il nostro è uno dei settori maggiormente danneggiati dalla pandemia, e adesso siamo nuovamente in emergenza”.

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