Mentre scriviamo, nella felice Olanda la borsa del gas ha battuto 296 euro per megawattora. E l’energia segna 605 euro (con i future sfiora i 700). Tanto per capire: il PUN, prezzo unico nazionale, cioè il prezzo di riferimento del mercato elettrico in Italia (intimamente connesso a quello del gas, soprattutto in una stagione di siccità, con i bacini idroelettrici costretti a regimi minimi), sempre mentre scriviamo, si traduce in 0,276 €/kWh (tariffa regolata da ARERA nel mercato tutelato). Un anno fa, ancora nella borsa di riferimento del gas, in Olanda, le quotazioni si fermavano a 26 euro Mwh: tradotto, significa un rincaro del 1000 (mille) per cento. Tutti record terrificanti, destinati probabilmente a peggiorare nei prossimi mesi, quando crescerà la domanda e diminuiranno le risorse (vista la chiusura del gasdotto Nord Stream). Tanto che moltissime imprese più o meno energivore (si va dalla grande siderurgia alla piccola lavanderia) temono un’imminente chiusura forzata dell’attività. Anche il turismo, pur sull’onda di un’ottima stagione estiva, non fa eccezione.
“Facciamo un appello urgente a tutti i partiti politici – dice la presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli – affinché il tema dei costi energetici sia messo in cima all’agenda elettorale come problema da risolvere con urgenza nella nuova legislatura. I costi che le imprese del turismo stanno sostenendo in questi mesi di attività hanno azzerato i guadagni di tutta la stagione e stanno portando i bilanci in perdita. Le previsioni per l’autunno, con il PUN in aumento del 40%, disegnano uno scenario apocalittico che porterà alla chiusura di migliaia di attività turistiche e non. Ci sono strutture, come un hotel sul mare in Sicilia, che sono passate da 40.000 euro nel luglio 2021 a 144.000 euro nello stesso mese di quest’anno. Altre, come un villaggio turistico in Veneto, da 350.000 euro a 1,3 milioni di euro su base annua, tanto da decidere di chiudere in anticipo la stagione rimborsando i clienti che avevano già prenotato”.
Quindi, nemmeno il tempo di gustare i risultati dell’estate, e già si prospetta un inverno difficile. Se non addirittura azzerato, stando alle annunciate chiusure di varie strutture in località che invece stavano puntando molto alla destagionalizzazione, e invece si dicono non più in grado di sostenere i costi per il riscaldamento. “Con questo trend – continua Lalli – sono poche le attività che potranno resistere a ulteriori aumenti previsti dopo l’estate. La stagione invernale rischia addirittura di non partire perché i costi per innevamento e gli impianti a fune con questi prezzi non potranno garantire il servizio pena il fallimento dell’impresa”.
“Beh, penso ci siano seri problemi – ci dice Andy Varallo, presidente di Dolomiti Superski, il più grande carosello sciistico d’Italia -. È evidente che il conto energetico influirà non poco nelle nostre attività e sui nostri bilanci, sarà questa la variabile su cui lavorare, proprio adesso, quando ci stiamo lasciando alle spalle tutti gli ostacoli che la pandemia ci aveva creato, nella speranza di non dover mai più affrontare simili emergenze”. Le conseguenze del caro-energia non si fanno attendere: il Dolomiti Superski ha già annunciato un rincaro del 10% dei prezzi. “Sono scelte difficili, ma obbligate – aggiunge Varallo -: è il costo dell’energia a dettarle. Le singole valli del nostro carosello poi decideranno per loro conto, ma i costi che si stanno registrando non lasciano molto spazio di manovra. Prevediamo un check a fine ottobre, per decidere altre eventuali modifiche che si rendessero necessarie per iniziare la nuova stagione con prospettiva di continuità. Non possiamo fare altro che monitorare i costi, sperando che la situazione non peggiori ulteriormente. Una doccia fredda, soprattutto dopo una stagione estiva che ci ha regalato, in Alta Badia, aumenti di traffico dal 7% al 15%, grazie al bel tempo di giugno, che ci ha permesso di iniziare la stagione con un buon anticipo”.
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