Con outgoing si intende il viaggio “in uscita”, ossia quello verso destinazioni straniere. Un segmento di mercato che s’era praticamente azzerato durante la pandemia, ma che adesso sta riprendendo alla grande, pur non ancora raggiungendo i livelli del 2019, soprattutto in Asia. Secondo il World Travel Monitor di Ipk (Ipk International è una società di consulenza turistica annoverata tra le principali società del settore a livello mondiale), nel 2022 l’outgoing è aumentato del 90% rispetto all’anno precedente, per un volume globale di quasi 700 milioni di viaggi nel 2022 (il 66% dei livelli).
I viaggi internazionali dall’Europa sono aumentati del 92%, dal Nord America dell’87% e dal Sud America del 70%, mentre i viaggi internazionali dall’Asia sono rimasti sostanzialmente al di sotto dei livelli del 2019, un dato dovuto principalmente alle rigide restrizioni anti-Covid in Cina. I viaggi internazionali (l’outbound) nel 2022 sono stati più numerosi negli Stati Uniti, seguiti da Germania e Regno Unito.
Ma a minacciare un freno alla completa ripresa del settore (che incide soprattutto per i to e le adv), arrivano adesso le infauste previsioni sui trasporti aerei per la prossima estate. Le compagnie che operano in Europa sembra abbiano già cancellato una media di 500 voli al giorno nel semestre-clou del 2023, con una tendenza in aumento. Più in difficoltà risultano Germania, Regno Unito, Olanda e Francia, ma il contagio va ad aumentare il rischio anche in Italia: l’estate in volo potrebbe essere difficile.
Airline Data Inc sostiene che nel periodo aprile-settembre le compagnie hanno tolto dalla vendita più di 90.000 voli già pianificati: oltre 11 milioni di posti in meno solo nei collegamenti interni e 2,5% circa di decolli eliminati. Ma sarebbero a rischio almeno altri 100.000 voli programmati tra giugno e settembre, con picchi in giugno-luglio. I motivi sono inquietanti: ufficialmente l’obiettivo delle compagnie sarebbe rarefare il traffico, eliminando gli affollamenti che potrebbero creare disagi ai cronoprogrammi. In realtà, però, bisogna collegare questa crisi a quella dell’anno scorso, con la raffica di cancellazioni nell’alta stagione e il caos derivato, tutto dovuto alla grave carenza di personale, dopo i licenziamenti a bordo e a terra decisi durante la pandemia, quando le restrizioni sui viaggi avevano bloccato viaggiatori e aerei. Gli stessi che oggi invece ci sarebbero, mentre il personale indispensabile ancora no.
Mancano operatori perfino nei centri di controllo del traffico aereo, tanto che, secondo l’organizzazione intergovernativa Eurocontrol (l’ente civile-militare che coinvolge 41 Paesi nei sistemi di controllo aereo), i disagi sarebbero imminenti, per la mancanza di personale, ma anche per una catena di scioperi, già annunciati, perché se mancano addetti, chi resta deve lavorare il doppio, il triplo, con evidenti rischi per la sicurezza. Già in difficoltà gli scali Flughafen di Francoforte, Schiphol di Amsterdam, Heathrow di Londra. Ma non va meglio nemmeno nel Nord America, dove l’ad di United Airlines ha denunciato che negli Usa le compagnie vendono biglietti per voli che si sa già non saranno operati.
A generare poi la tempesta perfetta, stavolta tutta made in Italy, c’è la crisi dei passaporti. È noto che per ottenere un passaporto oggi si va da un’attesa di tre mesi all’infinito. Secondo Altroconsumo. in 13 città italiane i tempi di attesa arrivano fino a sei mesi solo per avere l’appuntamento in Questura, ma ci sono città in cui non si riesce neanche a prenotare. I ministeri coinvolti (Turismo e Interni) promettono interventi, ma ancora non si vedono reali correttivi alla situazione. Anche per questa crisi le cause sono molte, prima tra tutte l’inadeguatezza degli uffici deputati, con poco, pochissimo personale, poca digitalizzazione, poca sincronizzazione con i sistemi operativi coinvolti nell’iter burocratico per il rilascio, fino ai problemi dell’Istituto poligrafico Zecca dello Stato, che materialmente stampa i passaporti, e che si ritrova ingolfato anche dalle aumentate richieste di stampa per le carte d’identità elettroniche.
Su questo caos “logistico”, s’innestano la rinnovata propensione di viaggiare nel post-pandemia, la Brexit inglese che ha reso indispensabile il passaporto per l’ingresso, e l’effetto psicologico che proprio i ritardi generano: la percezione di non poter ottenere un passaporto in tempi accettabili fa sì che sempre più persone lo vogliano avere a disposizione. Anche in questa situazione, la vittima principale è il turismo, con to e agenzie di viaggio in sofferenza. Secondo Assoviaggi, sarebbero già decine di migliaia i viaggi organizzati saltati, con centinaia di milioni di mancate vendite per le adv.
Adesso si tentano soluzioni territoriali, come succede a Padova, uno dei capoluoghi maggiormente sofferenti (si è passati da 80, nel periodo pre-pandemia, a 200 passaporti di media quotidiana). Qui la Questura ha potenziato il personale, ha raddoppiato gli sportelli, ma soprattutto ha chiesto la collaborazione delle agenzie di viaggio, siglando un accordo. Il Questore Antonio Sbordone ha chiarito: “Noi chiediamo alle agenzie di interfacciarsi con l’utenza per guidare nella procedura e spiegare come collegarsi e iscriversi all’agenda elettronica dell’ufficio della Questura. Ci sarà poi anche una pec (un indirizzo di posta certificata) dedicata alle sole adv per segnalarci i casi, direttamente. Si è creata molta ansia tra i cittadini e anche le agenzie hanno avuto problemi. Questa è la direzione giusta. In sei mesi tutta questa mole di lavoro dovrebbe essere assorbita. Ma non è un sistema perfetto. Dalle nostre verifiche si evince che la maggior parte delle persone viaggia per turismo. Un intervento più deciso in questo ambito andava fatto. Queste aziende stanno subendo perdite, non vogliamo essere complici dei danni che stanno subendo. Dobbiamo comunque essere bravi a non lasciare nessuno indietro”. Considerazioni che non si può non condividere, e un esempio concreto certamente da implementare ed esportare.
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