Ciaone 2020, hanno scritto su un lenzuolo-manifesto medici e infermieri della Terapia intensiva del Policlinico Umberto I di Roma. Un ciaone – un addio senza rimpianti, un po’ vaffa’, un po’ era ora – condivisibile praticamente da tutta Italia, se non da tutto il mondo. Un addio pieno di speranza per un anno nuovo e possibilmente diverso nella sua “normalità”, che è arrivato ancora gonfio di incertezze ma anche di speranze. Come quelle che fanno stringere i denti e andare avanti il settore più colpito dalla pandemia, il turismo, che in poco meno di un anno ha visto evaporare oltre 240 milioni di presenze turistiche (-55%), e che è regredito ai livelli del 1969, trascinando con sé nella caduta negozi e pubblici esercizi, con relativi 50 miliardi di euro di consumi non pervenuti. Sono andati perduti 83,6 milioni di pernottamenti di turisti italiani e 157,1 milioni di turisti stranieri, mentre gli arrivi hanno subito un calo del -61,8%, attestandosi a quota 50,2 milioni.
Sono queste le drammatiche stime riportate da Assoturismo, che in più ha quantificato le perdite legate alla zona rossa di fine anno: circa 3,5 milioni di turisti italiani e stranieri mancanti all’appello, turisti che avrebbero trascorso soggiorni nelle diverse località italiane per un totale stimato di 10,4 milioni di presenze e una spesa in beni e servizi di 1,2 miliardi di euro. La ciliegina sul panettone più amaro della storia. “È una crisi senza precedenti per il settore, con presenze turistiche più che dimezzate e prospettive ancora azzerate: difficile, infatti, che i flussi di viaggiatori riprendano prima della seconda metà del prossimo anno”, afferma Vittorio Messina, presidente nazionale di Assoturismo.
Ciaone al 2020, allora, mentre l’anno che verrà è già arrivato, pur nella tristezza delle piazze vuote e nella depressione indotta dall’impossibilità di abbracciare parenti e amici, quelle socialità di condivisione che da sempre costituivano l’essenza stessa delle feste più sentite. Ma l’addio all’annus horribilis non cancellerà in fretta le ferite, che serve anzi tenere ben sott’occhio per parametrare su queste gli interventi pubblici di sostegno. Perché ha ragione il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, quando dice che a parole sono tutti pronti a dire che il turismo è un settore strategico per l’Italia, che vale ben più del 13% di Pil generato direttamente, ma poi quelle parole diventano troppo spesso storielle da salotti televisivi, senza tradursi in opere concrete, e lasciando campo aperto alle tristemente note omissioni. Ecco allora un rapido “alfabeto” per riassumere gli effetti che il Covid ha prodotto sul settore in dieci mesi.
A – Come alberghi ed agenzie di viaggio. Per gli alberghi occorre distinguere tra città d’arte e località di vacanza. Gli hotel di città sono stati i più penalizzati: da marzo 2019 a oggi 7 su 10 sono rimasti chiusi, nessun movimento di cassa se non in uscita, per spese fisse, tasse e personale (per casse integrazioni spesso anticipate). Situazione difficile e a rischio di speculazioni o infiltrazioni illecite: perdite calcolare attorno all’88%. Per Isnart-Unioncamere il 2020 chiude con53 miliardi di euro in meno rispetto al 2019, un buco in buona parte riferito proprio alle strutture turistico-ricettive. Eppure, una situazione così pesante non sembra avere suscitato particolari attenzioni. “Lo schiaffo finale – ha detto ancora Bocca – è arrivato con il decreto Natale, che ha stanziato 650 milioni di euro per tutelare, com’è giusto, i bar e i ristoranti, ma ha dimenticato completamente gli alberghi, che hanno subito danni ancora maggiori”. È andata un po’ meglio per alberghi e resorts nelle località di vacanza, che, dopo la primavera azzerata, hanno vissuto lo spiraglio di luglio e agosto, anche se con limitazioni, sanificazioni continue, ospiti contingentati e via dicendo, quindi alte spese e ricavi ridotti, una ministagione ovviamente non in grado di rianimare i fatturati. Nel settore, poi, è necessario distinguere tra strutture curate direttamente dalle proprietà e quelle in gestione a terzi. Per le prime sono valsi alcuni benefici (ritardi fiscali, sconti, posticipazioni Imu) che non hanno aiutato invece i semplici conduttori, gravati dagli affitti di strutture semivuote o chiuse. Di pochi giorni fa l’appello al premier Giuseppe Conte con cui i principali gruppi alberghieri italiani hanno chiesto misure statali di ristoro adeguate, giudicando i provvedimenti previsti “risibili”. “I dati pubblici – dicono gli operatori – evidenziano spietatamente una situazione tragica, senza precedenti. Ad oggi il 95% dei fatturati, dei capitali investiti e dei posti di lavoro delle nostre filiere risultano a rischio”.
Ancora peggio, se possibile, per le agenzie di viaggio, che senza viaggi da vendere sono a fatturati zero. Già la concorrenza del web aveva minato il settore, adesso il Covid lo sta strangolando definitivamente, favorendo invece il turismo di prossimità e annullando l’incoming. Unica boccata d’ossigeno dai contributi in arrivo, a ristoro delle perdite subite nei primi cinque mesi di crisi. Il futuro resta incerto, anche se per gli esperti la privazione dei viaggi non fa che aumentarne il desiderio: non appena si potrà, si dovrebbe insomma ripartire alla grande.
B – Come bonus. Gli interventi di ristoro varati dal Governo, tra integrazioni, decreti, leggi finanziarie e via dicendo, hanno introdotto la variante 2.0 degli altrimenti detti “contributi a pioggia”. Primo tra tutti il contestatissimo bonus vacanze (da 150 a 500 euro per nucleo familiare di vacanzieri, da scontare dagli albergatori, che lo recupererebbero a credito d’imposta futura), per passare al bonus babysitter, a bonus mobilità, a quello per l’auto, al superbonus 110% per i lavori di ristrutturazione domestica, al bonus pc e tablet, per finire in bellezza con i bonus per gli occhiali e i rubinetti di casa che consumano meno acqua. Una pioggia, appunto, di contribuzioni più o meno simboliche, che ristorano poco e non aiutano per niente a gettare le fondamenta di una ripresa.
C – Come compagnie aeree e industria croceristica. Per le prime l’effetto Covid è fin troppo evidente. Circolano sul web immagini tratte da FlyghtRadar24, la piattaforma che consente di visualizzare tutti gli aeromobili sui cieli del mondo: la fotografia di un anno fa è praticamente gialla, il colore delle sagome degli aerei che nascondono i profili terracquei, quella di adesso è piena di verdi, marroni, azzurri. Ieri (ore 16.22) l’aeroporto di Milano Malpensa aveva piste vuote e un solo velivolo che decollava. Non si viaggia più, non si può, chi lo fa sa di doversi sottoporre ben che vada a lunghe quarantene, a tamponi pre e post volo, a certificati di immunità. Per le compagnie è stato un viaggio indietro nel tempo, ai livelli di traffico di 60 anni fa; per alcune la mazzata è ancora più terribile: Norwegian Airlines sta per chiudere i battenti, EasyJet per la prima volta ha i conti in rosso. Ma sono praticamente tutte le linee aeree in sofferenza: la IATA (International air transport association) ha valutato in circa 120 miliardi di dollari le perdite subite da 290 compagnie aeree internazionali nel 2020. Per il 2021 si prevedono quindi meno aerei in volo, meno destinazioni raggiungibili, e biglietti molto più salati, con viaggiatori tamponati o immunizzati e altre precauzioni. C’è anche chi esagera: l’ente che sovrintende l’aviazione civile cinese ha raccomandato al personale di volo l’uso del pannolone, così da non dover ricorrere alle toilettes, locali ritenuti a rischio contagio…
Per le navi da crociera è presto detto: il mercato è stato annientato, e le navi oggi sono ferme nei porti, bloccate dal Dpcm di dicembre, dopo una parentesi estiva in cui s’era cercato faticosamente di risalire dallo stop di marzo, con misure drastiche di sanificazione e distanziamento. Tanto per fare un esempio, a Genova si è chiuso il 2020 con 150 mila passeggeri contro il milione e 400 mila del 2019. Una picchiata sovrapponibile a quelle registrate da tutte le altre grandi portualità leisure italiane. Il 2020 si è chiuso con poco meno di 800 mila passeggeri movimentati (-93,5% sul 2019), un dato che riporta il comparto indietro di trent’anni. L’appuntamento, secondo gli operatori, adesso slitta al secondo semestre del 2021.
D – Come Dpcm. Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri è uno strumento rapido e adatto alle situazioni di emergenza, che non coinvolge il Parlamento (da qui le pesanti critiche) ma è espressione della volontà della sola maggioranza politica. I Dpcm hanno caratterizzato l’azione del Governo Conte II nella gestione di tutta l’epidemia da Covid-19, una lunga sequenza di provvedimenti che danno conto, pur tra limiti e carenze, della rapida evoluzione della crisi. Eccone la scansione.
23 febbraio 2020: istituzione delle zone rosse in alcuni comuni di Lombardia e Veneto; 1-4 marzo zona rossa limitata a certe aree; 8 marzo zona rossa in tutta la Lombardia e in altre 14 province tra Veneto ed Emilia Romagna; 16 marzo decreto CuraItalia; 22 marzo lockdown nazionale; 1 aprile Dpcm che proroga le misure al 13; 10 aprile proroga fino al 3 maggio; 26 aprile prime misure per la “fase due”; 16 maggio misure consentite alle Regioni; 11 giugno riapertura spostamenti interregionali e attività; 14 luglio proroga misure al 31; 7 settembre proroga al 7 ottobre; 13 ottobre nuove misure restrittive; 18 ottobre altre integrazioni; 24 ottobre nuove misure; 27 ottobre decreto ristori; 3 novembre l’Italia a semaforo, con la suddivisione in zone gialle, arancioni e rosse; 7 novembre Ristori bis; 20 novembre Ristori ter; 3 dicembre lockdown di Natale e fine anno.
I – Come impianti di risalita. Dallo stop dello scorso marzo a oggi gli impianti non sono mai ripartiti (unica eccezione i due giorni di Cervinia, subito bloccati). Anche la data del 7 gennaio è saltata, dietro indicazioni del Comitato tecnico scientifico che ha prescritto nuovi aggiustamenti ai protocolli elaborati dalle Regioni. Mercoledì 30 dicembre le stesse Regioni hanno quindi approvato il nuovo protocollo sanitario rivisto con i suggerimenti del Cts, chiedendo una nuova data per ricominciare a lavorare: il 18 gennaio. La presidente Anef Valeria Ghezzi ha ribadito l’urgenza del restart “non solo per lo sci – ha detto -, ma per far lavorare tutta l’industria della montagna-neve. Per noi ci sono in ballo 12 mesi, non solo quattro. Sono a rischio tutti i posti di lavoro per persone che non hanno alcuna tutela. Se non si lavora, la montagna muore. Bisogna considerare che la stagione estiva, sul fatturato complessiva della montagna, vale solo il 10%: tutto il resto lo si conquista da novembre ad aprile”. L’associazione presieduta da Ghezzi, l’Anef, aderente a Confindustria, rappresenta il 90% delle imprese funiviarie, cioè circa 1500 impianti, per 13 mila lavoratori occupati in stagione. Il valore complessivo della montagna-neve (tra attività dirette ed indirette) vale qualcosa come dieci miliardi di euro.
P – Come protocolli. La scorsa estate la finestra di attività per le strutture ricettive (luglio-agosto-primi giorni di settembre) si è basata sui parametri di sicurezza lanciati dall’Oms e ripresi dall’Iss, ma anche sulle integrazioni ancora più restrittive adottate dagli operatori più scrupolosi. Valga per tutti l’esempio del gruppo TH Resorts, che nei suoi villaggi-mare ha consentito la vendita di solo il 60% delle camere disponibili, ha eliminato i buffet self-service, ha prescritto rigide procedure per il personale (sanificazione personale costante, sterilizzazione delle stoviglie, test sierologici frequenti) e per i contatti con gli ospiti (posti assegnati nei ristoranti e sulle spiagge), presenza di personale sanitario, garanzie sulle prenotazioni.
R – Come ristori. Il ministro Dario Franceschini ha voluto riassumere i sostegni al turismo varati a partire dallo scorso marzo (che comunque risultano di gran lunga inferiori a quelli previsti dai Paesi confinanti). Ecco in sintesi i principali punti della lista: 1,2 miliardi per i lavoratori stagionali, intermittenti e a tempo determinato: dall’esonero contributivo per le nuove assunzioni fino alle indennità speciali da 600 euro per il mese di marzo introdotte col DL Cura Italia e alle successive da 1.000 euro decise con il DL Rilancio e reiterate con i DL Agosto, Ristori e Ristori Quater; 2,4 miliardi per il Bonus vacanze a favore di famiglie e gestori, con residui 2020 redistribuiti; 630 milioni per esenzione IMU 2020 e prima rata per IMU 2021 per immobili di strutture ricettive, di fiere e congressi, stabilimenti balneari e termali, discoteche; 380 milioni per il Tax credit riqualificazione delle strutture turistico-ricettive, esteso al biennio 2020-2021; 450 milioni a fondo perduto per strutture ricettive e stabilimenti termali; 160 milioni per prorogare fino al 30 aprile 2021 il Tax Credit affitti al comparto del turismo; 625 milioni per agenzie di viaggio e tour operator; 100 milioni nel 2021 per il rifinanziamento del Fondo emergenza e sua estensione anche a tutte le imprese turistico ricettive; estensione alle agenzie di viaggio e ai tour operator del Tax Credit affitti fino al 30 aprile 2021; 150 milioni per il nuovo Fondo Nazionale Turismo che verranno usati, anche con Cassa Depositi e Prestiti, per l’acquisizione, la valorizzazione e la ristrutturazione di immobili destinati ad attività turistiche e ricettive; 45 milioni a fondo perduto per guide e accompagnatori turistici; 40 milioni per il Fondo per la promozione turistica.
S – Come stranieri. Scomparsi, evaporati, dispersi. Il solo lockdown di Capodanno è costato 3,5 milioni di turisti italiani e stranieri in meno, per un totale stimato di 10,4 milioni di presenze e una mancata spesa in beni e servizi di 1,2 miliardi di euro. Calcolando che i turisti stranieri in Italia valgono circa il 50% del totale, si fa presto a calcolare il flop. La scorsa estate all’appello è mancato il 91,2% dei turisti stranieri, con il risultato che moltissimi alberghi – soprattutto quelli di fascia alta, più vocati all’accoglienza di una clientela altospendente, dall’estero – sono rimasti chiusi. Un mancato introito di 13 miliardi solo tra luglio e agosto
T – Come tour operator. ASSOVIAGGI, ASTOI (che rappresenta oltre il 90% del mercato del tour operating italiano) e FTO ribadiscono che il comparto ha bisogno con urgenza di ulteriori interventi, già più volte segnalati al ministero. Le associazioni del turismo organizzato si riferiscono in particolare a: rifinanziamento del fondo perduto per tour operator e agenzie di viaggi per la copertura delle perdite da agosto a dicembre 2020, quantificate in oltre 7 miliardi di euro; superamento delle problematiche relative all’autorizzazione della Commissione Europea sugli aiuti di Stato, tema che tocca indistintamente tutte le imprese, di piccole, medie o grandi dimensioni; incremento del fondo per il rimborso dei voucher turistici emessi da imprese fallite o insolventi a causa della pandemia, per il quale oggi sono stati stanziati soli 5 milioni di euro a fronte di almeno 500 milioni di voucher emessi dalla filiera; riduzione dell’aliquota Iva 74ter; ripartenza dei viaggi in sicurezza, attraverso l’utilizzo dei tamponi all’andata e al ritorno dal viaggio.
V – Come vaccini. A oggi, sono la vera speranza. E sono la vera conquista della collaborazione tecnico-scientifica tra Stati e ricercatori, i primi mai come ora impegnati nel sostegno finanziario, i secondi in grado, in pochi mesi, di giungere alla formulazione di vaccini di nuovissima generazione. Ma la ripartizione delle forniture commissionate a più aziende farmaceutiche (in totale oltre 215 milioni di dosi) e i ritardi nelle certificazioni EMA (l’European Medicines Agency) per alcune di esse stanno minacciando un piano di vaccinazioni che prevede di arrivare all’immunizzazione di circa 10-15 milioni di persone entro aprile: si è iniziato con gli operatori socio-sanitari e residenti e personale delle Rsa. Quasi 2,8 milioni di loro dovrebbero essere vaccinati entro febbraio. A seguire, tra febbraio e marzo, le dosi saranno somministrate a 4,4 milioni di cittadini ultra 80enni, poi ad aprile a 13,4 milioni di persone fra i 60 e i 79 anni d’età, e a 7,4 milioni di malati affetti da patologie croniche. A seguire, il vaccino diventerà somministrabile a tutti. I ritardi, però, stanno già impacciando le procedure: su 470 mila fiale arrivate dal Belgio, finora ne sono state somministrate appena 35 mila. Confidando in una prossima, rapida accelerazione, la speranza, per il turismo, resta ovviamente quella di poter contare su una platea il più estesa possibile di vaccinati in tempo utile per programmare la prossima stagione estiva.
Z – Come zone, rosse, arancioni, gialle. È la classificazione colorata dei territori italiani, le regioni classificate seguendo i 21 parametri elaborati dal Comitato tecnico scientifico, che stanno comunque per essere modificati, vista la scarsa aderenza con le situazioni andatesi creando. Il Veneto, ad esempio, sta pagando la lunga permanenza in zona gialla, dove si sono mantenute aperte le attività e consentiti i contatti: oggi è la regione con i numeri peggiori. E quindi il Cts sta studiando nuovi algoritmi, che dovranno azzerare il paradosso che consentiva quasi tutto nelle zone più attrezzate dal punto di vista delle strutture sanitarie, e così facendo però spianando la strada ai contagi e alla conseguente saturazione delle medesime. Il pericolo del 2021 adesso si nasconde nei ritardi delle vaccinazioni e nell’andamento sinusoidale dell’epidemia, tra alti e bassi che manterrebbero il Paese nell’incertezza sugli spostamenti consentiti e sul colore delle località, minacciando ancora la possibilità di programmare viaggi e vacanze in sicurezza.