C’è il nostalgico, il migrante di prima generazione con ancora un forte legame con l’Italia. C’è l’ambassador, che torna spesso in Italia per lavoro, e di fatto è testimonial dell’italianità. C’è l’italo-qualcosa, italiano di seconda generazione. E c’è il curioso, il giovane italiano nato all’estero ma desideroso di sperimentare l’italianità. Sono gli identikit dei circa 60 milioni di italiani che risiedono all’estero e dei loro discendenti, una comunità desiderosa di riscoprire le proprie origini nel Bel Paese. Per l’industria del turismo, nell’incoming questo è un segmento importante, tanto che il 2024 è già stato designato dal ministero degli Esteri come l'”Anno delle Radici”, forte anche di un progetto del Pnrr che prevede proprio il turismo delle radici tra gli investimenti. Un’occasione importante, visto che la spesa annua in Italia del segmento riconducibile al turismo delle radici ammonterebbe a 8 miliardi di euro, di cui il 55% sarebbe generato dagli otto Paesi oggetto degli approfondimenti presentanti.



Di questi turisti “tornanti”, l’84% conosce bene l’italiano, il 90% lo parla in famiglia, e l’82% mangia abitualmente cucina italiana. Il 60% è già venuto o tornato in Italia più volte, e tre su dieci dedicano al viaggio in Italia una o due settimane per visitare parenti e luoghi di origine. La maggior parte arriva con la famiglia, soprattutto in giugno o settembre; il 27% pernotta a casa di parenti e amici, mentre il 35% punta su alberghi e il 16% su altri tipi di strutture turistico-ricettive. Il budget è di 2.300 euro a persona, che diventano 3.700 per quanti allungano la vacanza fino a un mese.



Sono le evidenze emerse da uno studio di Confcommercio e Swg sulle comunità “italiche” di 8 Paesi (Argentina, Australia, Brasile, Canada, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, che da soli generano il 55% della spesa totale dei tornanti in Italia) e da uno studio di TRA Consulting sull’impatto del turismo delle radici sull’economia nazionale. I risultati sono stati presentati al Ttg di Rimini, nel convegno “2024 anno delle radici italiane: come prepararsi?”.

La risposta al quesito del convegno è immediata: bene. L’appeal dell’Italia è diffuso, e per gli oriundi è ovviamente ancora più forte. Ma la rendita di posizione può non bastare: la gastronomia, la cultura, lo shopping made in Italy sono atout che dovranno essere accompagnati da esperienze sempre più coinvolgenti, come le scuole di cucina, gli spettacoli, gli eventi culturali, tutti motivi citati da 7 su 10 tornanti.



“Ci troviamo immersi – ha commentato Claudio Sangalli, presidente di Confcommercio – in una crisi permanente caratterizzata da una serie ininterrotta di situazioni di emergenza. E stiamo assistendo a una de-globalizzazione, una fase in cui la politica e i mercati globali si stanno ridefinendo in modi senza precedenti, con una fusione unica tra il globale e il locale. Questo nuovo contesto ha impatto anche sul settore turistico. Il concetto di ‘turismo delle radici’ è emerso come un modo per descrivere il desiderio di coloro che, in tutto il mondo, hanno legami con l’Italia, che siano di origine italiana o basati su affinità culturali, familiari, o legami di studio e lavoro: gli italiani ‘con le ali’, quelli che sono emigrati e che si sono stabiliti all’estero e che nel tempo sono stati tanti, tantissimi. Parliamo infatti addirittura di 260 milioni di persone, se si includono non solo quanti discendono da italiani di origine, ma anche chi con l’Italia sente un’affinità particolare, in virtù di legami acquisiti di parentela, di studio o di connessioni lavorative”.

“Sono numeri impressionanti – ha aggiunto Sangalli – che spiegano da soli l’importanza strategica di indirizzare politiche dedicate di attrattività turistica su questo target di mercato. L’Anno delle Radici è l’occasione perfetta per lavorare su questo mercato, anche perché proprio il turismo delle radici potrebbe incoraggiare la nostra offerta turistica a evolvere in direzioni nuove, per esempio rilanciando periodi dell’anno meno scontati e borghi meno conosciuti, terra d’origine di tanti italiani emigrati all’estero”.

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