“La montagna sta cambiando su due binari: quello del modo di fruizione da parte degli ospiti, e quello della vita dei residenti”. Parola di Lorenzo Tardini, responsabile marketing della Fondazione Cortina, il braccio operativo territoriale delle Olimpiadi del 2026. Tardini è anche referente di Anef Lombardia, l’associazione degli esercenti funiviari. È arrivato alla Fondazione nel novembre 2016 dopo aver gestito per sei anni le sponsorizzazioni dell’Expo 2015 di Milano.



Ci può spiegare meglio in cosa consistono questi binari, Tardini?

Parto dagli ultimi, gli abitanti. Per loro sta diventando sempre più difficile riuscire a mantenere vive le tradizioni: le terre alte sono destinazioni turistiche, e il turismo impone le sue regole per poter funzionare. D’altra parte, il turista spesso va anche alla ricerca sì delle facility indispensabili per le pratiche del suo tempo libero e degli sport, ma vuole anche conoscere proprio quelle tradizioni dei territori delle sue vacanze. Conciliare le due cose è complicato, eccedere in una implica sacrificare l’altra.



Una situazione che implica per la montagna un’economia sempre in bilico?

Faccio un esempio. Nel cortinese appena nel 2017 si contavano otto fattorie, oggi ne resistono solo due. È solo un esempio, per di più in un settore, quello agricolo e zootecnico, che è ovunque in balìa delle difficoltà di gestione, commercializzazione, concorrenza che soffocano il mercato del latte. Ma rende l’idea dell’importanza di altri settori generanti valore, il turismo in primis.

In Ampezzo, però, sono sempre attive le Regole, vero?

Sì, a Cortina, ma anche in altre località europee, sopravvivono da secoli le proprietà collettive. Nacquero per l’uso condiviso di boschi e pascoli, per regolamentare un utilizzo collettivo e indiviso del territorio. Secondo le Regole le terre non possono essere vendute, né sono soggette a mutamenti di destinazione: sono patrimonio naturale, culturale ed economico. Un patrimonio in comproprietà, da trasmettere ai figli dove uso conservativo e produttivo coincidono. Le Regole davano legno e vita, insomma, e pascoli estivi, indispensabili per la pulizia delle aree limitrofe ai boschi, dove in inverno corrono le piste innevate. Oggi i pascoli sono per lo più un ricordo, e quelle aree necessitano quindi di costose manutenzioni da parte degli impiantisti, per renderle agibili allo sport.



Resta comunque la difesa del territorio…

In parte, sì. Ma il problema principale, per i residenti, è diventato il costo della vita. Prendiamo una giovane coppia, che vede il suo progetto di vita infrangersi contro il costo di un alloggio di 15 mila euro a metro quadrato, o contro la rarefazione delle scuole, un tempo vanto del centro. È così che i paesi montani si spopolano. Va meglio in quelle zone che già parecchi anni fa hanno saputo attivare correttivi per arginare il fenomeno dei secondocasisti non residenti, promuovendo l’edilizia agevolata per gli abitanti e limitando la speculazione, il moltiplicarsi delle seconde case per vacanze. Anche in questo, però, c’è un rovescio della medaglia, visto che proprio dai secondocasisti arriva un cospicuo gettito di entrate, tra imposte comunali e spese in commercio, artigianato e servizi. In Trentino il territorio è stato preservato agevolando le attività produttive, nel bellunese si è di fatto preferito assistere al proliferare di attività e strutture turistiche, con una sorta di depauperamento dei territori. Oggi si comprende che la situazione presenta un quantum di rischio, sia per l’impresa che per l’amministrazione, che si trova ad esempio nell’incertezza di scegliere se tarare i servizi pubblici sulla popolazione residente o su quella stagionale, a volte anche triplicata.

Turisti che sempre di più popolano anche la stagione estiva?

Post-Covid l’estate in montagna è esplosa, con flussi magari di tipologia diversa da quelli invernali, ma comunque massicci. L’agosto cortinese è diventato più frequentato di quello sardo. Ma è praticamente tutto l’Ampezzo a godere del brand Cortina, un appeal che attira anche moltissimi stranieri in tutti i centri, comodi anche per la relativa vicinanza con Verona o Venezia. Certo, soprattutto gli stranieri sono sensibili alle comodità infrastrutturali, i collegamenti, che come ovunque in Italia spesso non corrispondono perfettamente alle esigenze. Penso anche alle lunghe, frequentissime code sull’autoBrennero, o in Valtellina.

Invece, le infrastrutture di risalita?

Credo siano il motore principale dell’economia della montagna. Certo, servirebbero più investimenti, specie quelli a iniziativa privata. Si sa che la maggior parte degli impianti di risalita (specie quelli minori) fa capo all’ente pubblico, come i Comuni. Ma anche per gli altri, in mani private, quando le cose vanno male, solitamente interviene l’amministrazione pubblica, un fenomeno tutto italiano. Dove invece questo non accade, può arrivare la chiusura, com’è successo ad esempio nella stazione sciistica di Valleve, San Simone, in Alta Van Brembana, una skiarea abbandonata. Dove subentra il sostegno pubblico (soprattutto nei piccoli centri) si prosegue l’attività, però con frequenti difficoltà di gestione. Per questo dico che sono di gran lunga preferibili gli investimenti privati, dove poi la gestione viene curata da chi è direttamente e solidamente interessato al buon andamento dell’impianto. Una cosa, in ogni caso, è certa: senza gli impianti la montagna muore.

Veniamo alla sua attività con la Fondazione. Quanto incide lo sport sulla “salute” della montagna?

Direi moltissimo. Noi organizziamo i grandi eventi, ed è evidente che una Coppa del Mondo gioca un richiamo molto forte, direttamente su chi arriva per seguire le gare, indirettamente sul valore del brand-destinazione. Per le Olimpiadi del 2026 sarà lo stesso, moltiplicato. Si sta lavorando bene, certo oggi sembrerebbe che vi siano ritardi, ma sono sicuro che si arriverà al via con tutti i tasselli al loro posto. Già in passato ho visto compiere miracoli organizzativi nell’ultimo miglio, adesso direi che per il via olimpico non ci sarà nemmeno bisogno di alcun miracolo.

(L’intervista, di Alberto Beggiolini, è tratta dal recente volume “Il turismo di montagna: sfide e opportunità di un settore in trasformazione”, realizzato da TH Group, Fondazione per la Sussidiarietà e dalla Scuola Italiana di Ospitalità – iniziativa di formazione di Fondazione Cassa Depositi e Prestiti e TH Resorts)

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