Il rapporto tra territori fragili, come sono quelli di quota, e presenze turistiche è da sempre controverso, alimentato da una parte dai conservatori di identità e stili di vita autoctoni, dall’altra da chi vede proprio nel turismo la più concreta possibilità di resilienza economica e demografica. Nella prima compagine si accusano derive dannose quali l’overtourism, dall’altra conseguenze drammatiche come la rarefazione di attività lavorative e il conseguente spopolamento. Anche se le soluzioni compromissorie non incassano quasi mai particolari entusiasmi, è piuttosto scontato che proprio con un faticoso equilibrio si può sperare di arrivare a una sostenibilità dell’intero ecosistema-montagna.



Il tema è rimbalzato qualche giorno fa al museo ladino di Sen Jan, comune “diffuso” di 3.600 anime, nato nel 2018 dalla fusione tra Pozza e Vigo di Fassa, dove gli albergatori e gli operatori locali dell’Asat si sono chiesti quale potrebbe essere la strada “giusta” per tracciare il futuro della valle, al bivio tra comunità “attiva tutto l’anno, con servizi e attività per i cittadini, o villaggio vacanza fatto di seconde case e attività ricettive schiave della stagionalità”, come riportato da giornaletrentino.it. Dal dibattito, è emersa anche la proposta di un modello “15-45”, ovvero arrivare entro il 2040 a 15 mila residenti (nell’intera valle oggi se ne contano 10 mila) con un tetto massimo di 45 mila presenze turistiche simultanee (attualmente i posti letto sono circa 60 mila), per passare da un rapporto di un residente ogni sei turisti, a uno ogni tre. “Se ci abituiamo a pensare sul lungo termine, quindi ad esempio al 2040 – ha detto il presidente di Asat Centro Fassa, Guglielmo Lasagna, proprietario di un family hotel – abbiamo circa 15 anni a disposizione, e allora ecco che si può iniziare un percorso ragionato e concreto”.



Nello stesso incontro è stata anche presentato lo studio “Fassa 2040” che ha indagato lo stato dell’arte dell’hospitalilty valliva: imprese in gran parte a conduzione familiare, con un grave problema di ricambio generazionale. Il senso del dibattito è stato riassunto dalla ricercatrice Valentina Boschetto, che ha ricordato come il turismo sia stato e sia una componente essenziale per il lavoro e la vita della comunità montana, ma bisogna chiedersi sin da ora a quale tipo di turismo si vuole puntare per il futuro, tra invecchiamento della popolazione (e dei clienti), estremismi climatici, innovazione digitale.



Quella di Fassa sembra essere solo l’ultima provocazione: aumentare i residenti diminuendo le presenze turistiche somiglia a un ossimoro, con una sottintesa finalità: tentare di arginare almeno il proliferare degli alloggi b&b. Già l’anno scorso il Presidente degli albergatori trentini, Giovanni Battaiola, sosteneva che “nel nostro Paese c’è il vizio di tartassare chi opera alla luce del sole, mentre si fa poco o niente per combattere l’abusivismo, come ad esempio nel settore degli alloggi turistici non dichiarati”. Ma la lista delle provocazioni, in questo senso, è lunga, e si sta anche traducendo, in alcuni casi, in azioni drastiche, quali ad esempio l’adozione del contingentamento dei posti letto deciso in Alto Adige. Una misura che sta suscitando qualche perplessità, riguardanti la delimitazione della libertà (di movimento e d’impresa) e l’implicita deterrenza a potenziali nuovi investitori, per niente motivati a rischiare in un territorio che già in partenza condiziona la propria attività.

I numeri chiusi, i contingentamenti, i limiti sono tutti facili e comprensibili quali risposte tattiche a situazioni emergenziali, come il sovraffollamento di certe zone. Ma non possono certo essere soluzioni né strutturali, né strategiche per la salute dei territori. In realtà, bisognerebbe lavorare molto più di quanto fatto finora sulla programmazione (anche grazie alle possibilità offerte dalla digitalizzazione), sul coordinamento tra amministrazioni, operatori, organizzatori di eventi, per arrivare a stagioni e destinazioni diffuse, per abituare il mercato a scegliere diversamente. Perché è il mercato che deve cambiare, ma lo può fare solo se gli si offrono soluzioni intelligenti e mirate, possibilmente armonizzate da una regìa che consideri le possibilità dei territori anche più vasti di una sola valle.

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