Un mondo di insoddisfatti: più di 8 persone su 10 non sono contente del lavoro che fanno. Va peggio in Italia, dove la percentuale degli unsolved workers sale al 94%. Da qui le tante scelte di cambiare impiego nella speranza di cambiare vita, un fenomeno che, pur ridotto rispetto al recente passato, continua ancora, lasciando gravi difficoltà in vari segmenti della produzione di valore nazionale.



Uno studio firmato Intesa Sanpaolo, presentato al recente BTO (buy tourism online) di Firenze, indica nel turismo il settore in cui il recruiting stenta di più: è nel turismo che si fa più fatica a individuare professionisti, soprattutto in cucina. Mancano cuochi e camerieri, ma mancano anche molte altre figure da impiegare per mansioni dove sono necessarie precise competenze. Che non ci sono. È il problema che nel mondo anglosassone si dice “lack of skill”, e che da noi si traduce nella scarsa formazione, che insieme al deteriorato appeal del settore produce una tempesta perfetta. Un esempio: sta per partire la stagione invernale di quota, e il Trentino denuncia la mancanza di almeno tremila lavoratori stagionali.



Il lavoretto

Il lavoro nel turismo, specie quello legato alle stagionalità, sembra essere ancora confuso come “lavoretto”, un’occupazione di transito in attesa di altro, più definitivo impiego, una maniera per trascorrere periodi genericamente festivi guadagnando qualcosa. In più, è opinione diffusa tra i giovani che i sacrifici richiesti dal comparto (orari, turnazioni, distanza dei posti di lavoro) non siano compensati sufficientemente né dai salari, né dalle gratificazioni professionali. Un’industria del turismo, insomma, refrattaria e respingente, che chiede tanto ma concede poco. Troppo poco per competere non già al Reddito di cittadinanza, ma ad altri impieghi (nel commercio, ad esempio) che, pur a parità di remunerazione, garantiscono qualità di vita superiori.



Il work-life balance

Il punto, oggi, è proprio il sentiment moltiplicato per la qualità della vita, un’attenzione cresciuta alla grande durante i lockdown pandemici, tanto da entrare di diritto nelle piattaforme sindacali per i nuovi Ccnl. L’alienazione accusata negli anni Sessanta per il lavoro salariato (il compenso che il lavoratore riceve per il bene prodotto ripetitivamente) oggi è declinata piuttosto come la doppia insoddisfazione per una retribuzione considerata (spesso a ragione) troppo bassa e per un lavoro disagiato e assorbente (nel turismo il servizio è il prodotto), che lascia poco spazio al privato. In pratica, adesso più che mai il tempo è denaro, ma non più come il mantra del capitalismo, quanto come prima istanza dei lavoratori, che aggiungono il tempo “loro” alle rivendicazioni salariali. Si parla del work-life balance, un nuovo equilibrio tra lavoro e vita da raggiungere possibilmente in fretta. Per ora, si galleggia in una terra di mezzo, tra espedienti d’impresa (benefit, più giorni liberi in cambio di una riduzione di stipendio, indennità di fine anno, plus a obiettivo e via dicendo) e lavoratori costantemente in cerca di svolte professionali diverse e accattivanti.

La formazione

Nel frattempo, le imprese, turismo in testa, faticano a coprire le mansioni e si ritorna ad accusare la carenza formativa per un settore che è il primo traino dell’economia nazionale. Tra abbandoni, ricorso ai sussidi e scelte diverse, il consuntivo post-Covid è una perdita di quasi 300 mila lavoratori, solo nel turismo. E dire che i servizi, l’anno scorso, hanno rappresentato oltre il 73% dell’occupazione. Indispensabile studiare correttivi, dunque, per frenare emorragie e rendere l’industria del turismo una scelta attrattiva non solo nel breve, ma anche in una complessiva progettualità di vita. Le soluzioni sono già note: investire nella formazione, anche continua per chi è già occupato; stabilire aggiornamenti, soprattutto digitali; colmare i periodi morti, per gli stagionali, con le attività appena citate; garantire condizioni di lavoro accettabili (alloggi per chi viene impiegato in strutture distanti dalle residenze), con rispettose policy dei tempi; creare motivi di crescita aziendale, con il riconoscimento degli impegni e delle skill conquistate.

Il manifesto

Proprio sulle politiche del lavoro, da FareTurismo 2023, che si è svolto all’Università Europea di Roma, sono arrivate dieci proposte precise al Governo.

Prima: l’istituzione di un comitato ministeriale per l’offerta formativa nel turismo con le rappresentanze di organizzazioni datoriali, associazioni professionali, ministero Istruzione, ministero Università, Unioncamere, RENAIA rete nazionale istituti alberghieri, associazione rete ITS Italy.

Seconda: certificazione delle competenze attraverso la co-progettazione scuola-impresa di PCTO (Percorsi e competenze trasversali per l’orientamento) estesa a tutti gli istituti alberghieri e tecnici per il turismo e a tutte le organizzazioni datoriali dell’alberghiero, dell’intermediazione turistica e del tour operating.

Terza: certificazione delle competenze rivolta ai docenti scolastici.

Quarta: spendibilità delle lauree in turismo con l’obbligo di inserimento nei bandi pubblici regionali e nazionali.

Quinta: ridefinizione dei percorsi didattici degli istituti tecnici per il turismo, al fine di un naturale sbocco da parte dei propri diplomati verso gli ITS.

Sesta: incremento degli ITS dedicati al turismo, attualmente ben pochi, con almeno due/tre per regione in considerazione dell’estensione territoriale.

Settima: superare i limiti della scuola secondaria superiore per una personalizzazione dei percorsi in stretto raccordo non solo con il mondo del lavoro e delle professioni ma soprattutto con la vocazione dei territori.

Ottava: istituzione di un gruppo di lavoro delle associazioni professionali, che rappresentano i profili più importanti che operano nel turismo, al fine di un confronto costante sulla evoluzione delle competenze.

Nona: decontribuzione per le aziende che intendano continuare l’attività in bassa stagione e confermare la forza lavoro al termine dei sei mesi dei contratti stagionali.

Decima: comitati di indirizzo obbligatori negli istituti professionali e corsi di laurea con i rappresentanti delle organizzazioni datoriali e camerali, le aziende di eccellenza del territorio, gli assessori al turismo per una formazione con competenze trasversali.

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