Non esistono ancora, al momento, terapie intensive in grado di guarire il turismo italiano dal contagio dal Coronavirus. E dire che il turismo non è un paziente qualsiasi: è la seconda voce del Pil nazionale, ma – come si dice nelle crisi in sala operatoria – lo stiamo perdendo. Forse non tutti hanno esatta percezione di quello che sta accadendo, per cui è bene riassumere pochi dati. Secondo Confturismo e Confcommercio, dall’1 marzo al 31 maggio si calcola un crollo di 32 milioni di presenze, vale a dire una perdita di almeno 8 miliardi di euro. Basti pensare che il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno della cultura e del turismo Italia – Cina. Era stato previsto l’arrivo di oltre quattro milioni di cinesi, una stima più che prudente, visto il trend degli ultimi tempi: nel 2010 furono un milione, ma già nel 2017 erano passati a 4,5 milioni, poi 5 l’anno successivo, 6 nel 2019.



La crisi economica generale aveva consigliato di calcolare flussi inferiori, ma tutti confidavano in revisioni al forte rialzo, anche tenendo conto che solo il 15 per cento di cinesi l’anno scorso era in possesso di un passaporto (cioè meno di 200 milioni di persone), ma quest’anno la percentuale è data in forte aumento. La crisi respiratoria del turismo italiano ha depresso ogni statistica, una crisi a doppio binario, sia “inspiratoria” che “espiratoria”, che paralizza i viaggi verso l’estero degli italiani (attualmente guardati con sospetto o addirittura respinti in mezzo mondo) e gli arrivi degli stranieri in Italia.



Dal tavolo ministeriale di crisi sul turismo stanno scaturendo provvidenze tampone, immissione di aiuti economici per le imprese danneggiate (praticamente tutte, ma non solo: la filiera del turismo implica una catena lunghissima di attività non esattamente turistiche ma correlate, che coinvolge manifatture, produzioni, distribuzione, servizi, artigianato e via dicendo) e sostegni fiscali. Il rischio però è che queste misure equivalgano ad una morte assistita, se non coniugate con interventi strutturali e spalmati nel periodo medio-lungo. Si possono ricevere aiuti con i quali sostenere gli stipendi ai collaboratori per un paio di mesi, ad esempio, ma quegli stessi aiuti non potranno servire più per rilanciare un’attività che avrà già superato il punto di non ritorno, pericolosamente minata da un lungo periodo di mancato esercizio.



Si torna quindi a ribadire la necessità di riordinare complessivamente il rapporto tra amministrazioni pubbliche e imprese del turismo, per arrivare a stabilire nuovi parametri di considerazione e sostegno a chi garantisce una percentuale così alta del prodotto interno. Fornendo un’immagine solida, coesa e dall’indiscutibile appeal dell’offerta complessiva del sistema turistico Italia. Paradossalmente, proprio questa tragica emergenza sanitaria potrebbe rappresentare l’anno zero del comparto, quello da dove è obbligo ripartire.

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