I dati sono buoni, ottimi: gli stranieri che hanno scelto l’Italia quale mèta delle vacanze sono in continuo aumento. È un successo che però può portare operatori e amministratori ad un pericolosissimo adagiarsi sugli allori, a quella stolida fiducia nell’eterna rendita di posizione che fa continuamente rinviare ogni upgrading, di strutture, servizi, mentalità, e perpetuare invece consuetudini obsolete e non più competitive.



Ma non è solo una questione di aggiornare gli arredi delle camere negli hotel, di incentivare i servizi dell’hospitality, della pur necessaria governance dei flussi: il problema non pienamente recepito è di “come ci si presenta”, quali biglietti da visita siamo in grado di proporre agli ospiti, soprattutto stranieri ma anche italiani. Perché l’appeal di una destinazione, di una qualunque destinazione, passa anche attraverso l’arredo urbano, la pulizia, la facilità nella logistica dei trasferimenti (non solo i taxi, ma anche gli altri mezzi pubblici, che d’estate sembrano assurdamente rarefatti), nell’erogazione delle informazioni e via dicendo.



È noto che nelle località della Costa Azzurra anche la cura nella segnaletica stradale (verticale ma soprattutto orizzontale) abbia costruito negli anni quel sentiment indescrivibile che l’ha fatta diventare esempio di accoglienza, anche se rivolta soprattutto agli hight spender, perché è altrettanto noto che una strada con poca manutenzione, con segnaletiche sbiadite o inesistenti, dà subito un’impressione di incuria generale. E, si sa, un muro sporco attira molti più atti vandalici di una superficie pulita.

È solo un esempio, un particolare. Ma più generalmente si potrebbe estendere al diffuso contro-sciovinismo che inquina il comune sentire italiano per il mondo del turismo: un quasi fastidio verso i turisti (cioè tutti gli altri non-noi) e un distacco, quasi un’insofferenza per tutto ciò che invece attira la meraviglia dei viaggiatori. “Ho il sospetto che urlare all’overtourism e demonizzare i turisti stia diventando un modo per protestare e attaccare le istituzioni, a danno dei nostri territori e dell’Italia” ha detto Barbara Mazzali, assessore a Turismo, Marketing Territoriale e Moda di Regione Lombardia. Un atteggiamento che finisce col danneggiare la reputazione delle destinazioni turistiche italiane. “C’è una crescente preoccupazione, a volte esagerata, ma il turismo è decisivo per l’economia italiana: nei tre mesi estivi di quest’anno ha saputo generare 62 miliardi di ricavi, contribuendo a mantenere posti di lavoro e sostenere le imprese”.



Certo, non si possono negare le pressioni generate dai flussi turistici su destinazioni fragili, come i centri storici delle città d’arte. Non le nega nemmeno Mazzali, sostenendo che però “la soluzione non è demonizzare i turisti, quanto piuttosto adottare strategie razionali e pragmatiche”, magari promuovendo una distribuzione più equilibrata dei flussi turistici su tutto il territorio, valorizzando anche le zone meno conosciute. “Vogliamo che ogni angolo della Lombardia possa diventare una destinazione turistica – ha aggiunto Mazzali –, offrendo esperienze uniche e di alta qualità: il turismo può essere una concreta opportunità per tutti, se gestito con efficienza e rispetto per il territorio”.

Possibilmente senza arrivare alle drastiche proposte lanciate da Pierangelo Argentieri, presidente di Federalberghi Brindisi, esasperato dalla situazione emersa quest’estate: in Puglia due terzi dei posti letto prenotati per le vacanze sono andati a B&b e case vacanza, spesso prenotati digitalmente e messi a disposizione da privati, invece che ad alberghi. La proposta, che sta facendo fiorire le polemiche, è quella di bloccare i siti di queste piattaforme: niente accesso per i clienti, niente prenotazioni in appartamenti privati messi a disposizione per affitti brevi, e quindi niente concorrenza sleale, visto che le piattaforme online per la prenotazione di vacanze continuano in una competizione ingiusta agli hotel e le strutture tradizionali.

 

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