Offerta troppo frammentata, dimensioni inadeguate e non profittevoli, strutture obsolete. Queste, in sintesi, le zavorre del mercato immobiliare alberghiero italiano, emerse dall’Hospitality Forum 2023 organizzato a Milano da Castello SGR e Scenari Immobiliari. Il quadro mondiale non è entusiasmante: gli investimenti immobiliari alberghieri mondiali nello scorso anno sono diminuiti (-1,5% sul 2021), per 72 miliardi di euro. In Europa il mercato è rimasto stabile: fatturato di 20,5 miliardi di euro (21,2 nel 2021) bloccato dall’aumento dei costi e dalle crescenti preoccupazioni geopolitiche.
Per il 2023 si prevedono 19,5 miliardi, e circa 25 per il 2024. “L’aspettativa generalizzata di un calo dei prezzi, anche per il patrimonio immobiliare di qualità, è stata disattesa – relaziona il Forum -, a causa della pressione inflattiva. Da un lato è evidente il crescente interesse per alberghi meno esposti all’incremento dei costi, per variazione del prezzo dei beni e generiche pressioni inflazionistiche, necessità di manodopera meno specializzata inferiore e ridotte spese operative. Dall’altro permane l’attenzione per le località turistiche classiche e storiche, sostenute nel 2022 dalla forte ripresa della domanda per il tempo libero e da spazio limitato per l’entrata di nuovi attori da parte dell’offerta”.
L’Italia marcia in controtendenza: ha chiuso il 2022 col +40% del fatturato complessivo (3,5 miliardi di euro), e per il 2024 si prevede l’aggancio ai livelli 2019. Eppure, nonostante gli incrementi di fatturato, in Italia nel 2022 il mercato immobiliare alberghiero ha registrato il -7% degli investimenti sul 2021 (1,7 miliardi di euro), dovuto al rallentamento dovuto al rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce e dalla conseguente prudenza degli investitori.
Le transazioni negli ultimi diciotto mesi hanno riguardato poco più di ottanta strutture ricettive tre stelle (26 per cento circa), quattro stelle (41 per cento) e cinque stelle (32 per cento circa), rilevate dal mercato. Nel 2022 gli investimenti hanno interessato più di quattromila camere, concentrate tra Milano, Roma, Venezia, o residualmente anche in destinazioni secondarie. Il report presentato al Forum informa che lo stock residenziale in Italia ammonta circa 35,4 milioni di unità, una buona parte dedicate all’affitto breve, un’altra a bed & breakfast. Il numero di strutture risulta di oltre 33 mila unità; 120 mila sono gli appartamenti privati gestiti da società strutturate, 465 mila appartamenti sono invece di proprietà private con gestione autonoma per affitti brevi.
Le transazioni di strutture ricettive europee hanno interessato alberghi di tutti i segmenti, specialmente della classe dei quattro stelle. Le operazioni rilevate negli ultimi diciotto mesi hanno interessato 430 strutture, ripartite in circa 255 transazioni, per un totale di poco più di 65.625 camere. “Il 2023 – ha detto Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari – è iniziato in modo positivo per il mercato immobiliare alberghiero europeo. L’attività degli investitori è aumentata dopo la limitata intensità del 2022, con un incremento delle allocazioni nel comparto, rispetto al primo trimestre dello scorso anno, superiore al quindici per cento che porta a quattro miliardi di euro di patrimonio investito. Tra gli operatori continua a vigere un discreto ottimismo con un livello di sicurezza proporzionale alle caratteristiche del segmento, massimo per il lusso, minimo, ma comunque sufficiente, per le strutture economy. La solida ripresa dei flussi turistici e la rimessa a sistema del patrimonio immobiliare non ha provocato l’effetto sperato dal lato degli investimenti istituzionali”.
“La situazione italiana è particolare, diversa da quella di altri Paesi europei – ha detto Giampiero Schiavo, ceo di Castello SGR, in una nostra recente intervista -. Qui operano poche grandi catene e insiste piuttosto molto capitalismo familiare. L’esempio più evidente è quello dell’Alto Adige, dove quella forma di investimento ha trovato maggiore applicazione. Vero è che gli interessi ci sono, anche stranieri, soprattutto per strutture leisure costiere o di grandi città, ma le stagionalità si stanno allungando, anche in montagna, consentendo di pianificare marginalità più alte rispetto al passato anche sui centri delle terre alte. Ma tutto dipende dalle destinazioni, ovviamente, dalla loro capacità attrattiva, dall’appeal esercitato sulla clientela, e quindi anche sugli investitori”.
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