Ferragosto, cioè le ferie di Augusto, imperatore del 18 a.C., dall’epoca cristiana coincidente con la festa religiosa dell’assunzione di Maria. Oggi, anno uno d.C. (nel senso del dopo Covid…), dopo due anni di pandemia, la festa è grande, specie per il turismo, il vero motore della ripresa economica italiana: “I numeri per il Ferragosto sono incoraggianti – ha detto Marina Lalli, presidente di Federturismo Confindustria – e ci fanno intravvedere i livelli del 2019”. Recupero più che evidente non solo nelle località mare & monti, ma soprattutto nelle città d’arte, come Roma, Firenze, Venezia, dove dopo una lunga assenza, i turisti stranieri sono tornati in gran numero.
“In particolare americani, francesi e inglesi – continua Lalli – contribuendo così con la loro presenza a far superare dell’1% le prenotazioni alberghiere del 2019. Ma oltre al loro ritorno nelle città d’arte, al quale assistiamo ormai da Pasqua, possiamo piacevolmente constatare che a fronte di un servizio di qualità con ospitalità di alto livello una bella fascia di stranieri alto spendenti abbia scelto le regine dell’estate: Capri, Forte dei Marmi, Porto Cervo, Portofino, Taormina e Costiera Amalfitana”.
Unico neo di quest’estate boom sono i rincari che stanno condizionando le vacanze degli italiani e riducendo il periodo di soggiorno. Otto su dieci sono rimasti in Italia con un occhio alla spesa e hanno scelto anche per il lungo weekend di Ferragosto, prime fra tutte, le località balneari di Puglia, Sicilia e Riviera Romagnola, dove in alcuni casi si registra un’occupazione del 90% delle camere. Il gran caldo del periodo ha, inoltre, favorito la montagna che riscuote sempre più successo tra i giovani e dove s’assiste a un ritorno della clientela francese e tedesca.
Un grande Ferragosto, insomma, la punta più alta di un trend che dura dalla scorsa primavera. L’ultima indagine sul turismo internazionale realizzata dalla Banca d’Italia è relativa a maggio, quando si è registrato il ritorno degli arrivi a quota 6,1 milioni (erano 1,9 milioni nel maggio 2021), con il saldo della bilancia dei pagamenti turistica dell’Italia a +1,7 miliardi di euro (da 0,1 miliardi nello stesso mese del 2021). A maggio le entrate turistiche hanno raggiunto i 3,5 miliardi, contro i 2,6 miliardi di aprile e 1,9 di marzo, una cifra pari a quasi cinque volte quelle dell’anno precedente, mentre le uscite (1,8 miliardi) sono più che raddoppiate.
Negli ultimi tre mesi disponibili (marzo-maggio), la spesa degli stranieri in Italia si è all’incirca quintuplicata rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno, confermando – sempre secondo la Banca d’Italia – la forte dinamica registrata nei mesi precedenti. Nello stesso periodo la spesa dei viaggiatori italiani all’estero è invece quasi triplicata. Nei tre mesi terminanti in maggio 2022 il divario negativo rispetto ai livelli pre-pandemici del 2019 è rimasto pressoché invariato per i flussi in ingresso (-18,4%) e si è portato su valori analoghi (-17,4%) per quelli in uscita. Ma è noto che da maggio in avanti la situazione è decisamente cambiata, in meglio. Anche se l’estate 2022 sta facendo registrare l’assenza di 377 mila turisti dalla Russia (primi dati previsionali giugno-agosto di BankItalia), che prima della pandemia hanno viaggiato in Italia scegliendo come destinazione le città d’arte e le mete balneari più prestigiose. Un’assenza però compensata dal prepotente ritorno degli stranieri da altri Paesi a partire dagli Stati Uniti avvantaggiati dal tasso di cambio particolarmente favorevole. Buoni anche gli arrivi da Germania, Francia e Gran Bretagna.
Il turismo italiano, dunque, sta mostrando i muscoli e sembra godere di una rinnovata salute. Ma…
Sta circolando un recente report licenziato dal Cambridge Institute for Sustainability, dal preoccupante titolo “Climate change: implications for tourism”, che “riflette sui futuri effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici sull’industria del turismo”, come riporta il web-magazine dell’Università di Padova. Il report sottolinea che il settore turistico è altamente esposto agli effetti diretti del cambiamento climatico, come l’innalzamento del livello del mare e l’aumento delle temperature, ed è minacciato da impatti indiretti come il cambiamento della disponibilità di acqua e la diffusione di alcune malattie. “L’innalzamento del livello del mare avrà impatti profondi e multipli sul turismo costiero, con conseguenze sulla conservazione delle spiagge, ma non solo: tempeste con venti, onde, piogge e mareggiate possono infatti interrompere trasporti, energia elettrica e approvvigionamento idrico su cui l’industria turistica fa affidamento. L’aumento delle temperature potrebbe allontanare i turisti dal Mediterraneo, la maggior parte delle regioni produttrici di vino potrebbero diventare meno adatte per la coltivazione della vite, con implicazioni per il turismo enogastronomico, le temperature più elevate potrebbero moltiplicare gli incendi boschivi, rendendoli anche più intensi in alcune parti del mondo. La variabilità delle precipitazioni nevose, il ritiro dei ghiacciai e gli inverni più miti avranno ripercussioni sul turismo nelle aree dedicate agli sport invernali, in Europa e in Nord America, e i cambiamenti nella biodiversità avranno conseguenze anche sull’eco-turismo”.
In effetti, il luglio scorso è stato uno dei tre più caldi mai registrati, quasi 0,4°C al di sopra del periodo di riferimento 1991-2020, con temperature molto al di sopra della media su gran parte delle masse continentali dell’emisfero settentrionale. Ed è stato più secco della media per gran parte dell’Europa. Ovvio che le ondate di calore influenzino la vita delle persone, definendone le scelte, mettendone a rischio la salute e indebolendone le prestazioni lavorative: le proiezioni indicano che entro il 2060 gli impatti potrebbero aumentare in Europa di quasi cinque volte rispetto al periodo 1981-2010. E allora, bene, benissimo i numeri del turismo 2022, ma è chiaro che lasciare la barca andare così come ha fatto da troppo tempo non può essere un modello proficuo ancora a lungo. Anzi: gli interventi sulla sostenibilità, sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dovuti alle bad practices umane, non sono più procastinabili, anche e forse soprattutto per la prima industria italiana: il turismo.
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