Spiagge e montagne superaffollate, un luglio/agosto da bei tempi, da far dimenticare lockdown e restrizioni. Viva l’estate, viva il ritorno alla normalità, viva il turismo tornato in forma smagliante. Sembra, ma non è così. È vero, il periodo clou dell’estate che sta finendo è stato un momento di ripresa, ma la crisi non è affatto finita, e non sono i soliti lamenti di una categoria che si sente sottostimata, è il risultato oggettivo di un’indagine varata dall’Osservatorio Confturismo ed eseguita da SWG fra il 25 e il 30 agosto scorso su un ampio campione di italiani tra i 18 e i 74 anni, segmentato per sesso, classe di età, zona e ampiezza del Comune di residenza. Ecco i dati.



Solitamente, erano 25 milioni gli italiani che partivano tra giugno e settembre. Quest’anno 4,5 milioni non lo hanno fatto, e non lo faranno. Sono partiti, insomma, in 20,5 milioni, per una vacanza per lo più di almeno 5 notti (71%). Per il 18% il soggiorno è stato più breve, anche se a volte ripetuto. Per il 5% la vacanza s’è tradotta in semplici toccate e fughe giornaliere, mentre il 6% ha scelto settembre, ma con tante incertezze. Per quanto riguarda la famosa “destagionalizzazione”, con spesso maldestri tentativi di allungare il tempo di vacanze (ma incide ancora fortemente il calendario scolastico e i periodi di chiusure amministrative e aziendali), non c’è stato nulla da fare, anzi: il 51% delle partenze si è registrato tra la seconda metà di luglio e agosto. Quindi malissimo giugno, scelto solo dall’8%, ma anche la prima metà di luglio (c’erano ancora dubbi sulla campagna vaccinale e il green pass). Settembre sembra adesso resistere, con un 12% totale. Concentratissime anche le preferenze di destinazione, con le mete balneari al 64% (anche quest’estate il gradino più alto del podio spetta alla Puglia) e a seguire – con un divario che sembra incolmabile – la montagna al 18% e le città d’arte, bloccate al 9%.



Altri due capitoli dello stadio SWG riguardano la spesa e l’estero (in e out). Il costo della vacanza ha inciso parecchio, ed è stato giudicato discriminante dal 2% degli intervistati, che ha ammesso anche di avere speso più di quanto intendeva. Inevitabile, visto che molti italiani avevano destinato quest’anno alle vacanze un budget inferiore al passato: -14% rispetto al 2020 e addirittura -30% rispetto al 2019. Per i viaggi all’estero, il 14% del campione ha scelto destinazioni di prossimità (Grecia, Spagna e Francia). Per i viaggi dall’estero, siamo messi ancora male, a eccezione degli arrivi da Germania o Austria, che però si sono fermati prevalentemente solo tra Veneto e Friuli. Per i turisti intercontinentali si dovranno aspettare ancora tempi migliori, quando il ritorno alla normalità non sarà solo una speranza.



Dunque, per il turismo segnali di ripresa ma anche effetti di long-Covid. “Con la piccola ripresa di agosto e forse di settembre dobbiamo ricordare però che giugno è stato un totale disastro, e luglio è stato faticoso” ha commentato il presidente di Confturismo Luca Patanè. “Per di più, quando è venuta fuori la variante Delta dopo i campionati europei, e s’è parlato molto di un possibile grande rialzo di contagi e morti, si era scatenata la cancellazione delle prenotazioni. Poi le migliaia di casi non ci sono state, è rimasto però solo il danno per il turismo”. I danni più gravi, comunque, li subiscono ancora le città d’arte: “Vivono di turisti stranieri – ha detto Patanè – e uno-due mesi non possono certo ripagare un’intera stagione. Nelle città d’arte va male da molto tempo, fin dagli inizi della pandemia. Ma la crisi ha messo in ginocchio anche agenzie di viaggio e tour operator: sulle mete estere gli agenti non hanno nulla da vendere, perché sono stati chiusi i corridoi sanitari, al contrario di quanto succede in altri Paesi”. 

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