Tutto, o quasi, ancora chiuso, almeno per altre tre settimane. Perfino la stragrande maggioranza delle cartolerie, delle librerie e dei negozi di abbigliamento per bambini, pur potendo, ha scelto di mantenere le serrande abbassate: troppo complicate le regole per la riapertura, troppo poco tempo per potervisi adeguare, troppo incomprensibile la concentrazione in due o tre giorni la settimana, presupposto non di igiene e distanziamento sociale, ma, al contrario, delle tanto temute aggregazioni.
Va detto, comunque, che anche per questi settori merceologici alla fine varrà lo stoccaggio, il magazzino, ossia l’accantonamento degli arrivi in attesa di una (s)vendita futura. C’è un comparto, però, un megacomparto che implica una lunghissima filiera (hotel, terme, ostelli, stabilimenti balneari, impianti di risalita, agenzie, porti, trasporti, parchi divertimento, tour operator, fiere, catering, e ancora ristorazione e pubblici esercizi, fornitori e via dicendo, come ha ricordato Antonio Barreca, direttore di Federturismo) che un magazzino non ce l’ha, zero possibilità di stoccare merce per una vendita posticipata: è ovviamente il turismo, dove quanto va perduto resta e resterà perduto. Qui il mancato incasso di oggi inciderà anzi pesantemente, spesso irrimediabilmente, sugli incassi a venire, minacciando il continuum dell’attività. E qui il posticipare il pagamento di Iva e ritenute fiscali a maggio è un ridicolo pannicello caldo che finge di sanare una ferita mortale.
In questo incredibile scenario che s’è creato in cinque settimane lunghe cinque anni, è piombata perfino la voce di Ursula von der Leyen, classe 1958, la tedesca presidente della Commissione europea, già ministra nei vari governi Merkel, membro della Cdu, di professione medico, anzi no, politica, da almeno vent’anni. La Presidente, pochi giorni fa, non volendo lasciare all’altra grande dama europea, Christine Lagarde, presidente della Bce, il guinness delle topiche in tempi di Covid (“Non siamo qui per ridurre gli spread”, aveva detto, causando il prevedibile maremoto nelle borse mondiali), se n’è uscita con uno spericolato “Non prenotate le vacanze estive”. Grande. Calato il de profundis per i sessanta milioni all’anno di presenze tedesche in Italia, mancava l’appello europeo a stimolare l’addio anche di francesi, di belgi, spagnoli, olandesi e tutti gli altri.
Insomma, niente vacanze estive, con buona pace dei tre milioni di lavoratori italiani che nell’industria delle vacanze lavorano? Forse, al pari di quanto fatto dalla Lagarde, arriveranno anche le scuse e le rettifiche della von der Leyen (l’avranno capita male, il giornalista del Bild and Sonntag che l’ha intervistata avrà tolto quella frase da un altro contesto… le solite storie, insomma). Tutti possono dire tutto, certo, lo sappiamo bene in Italia dove perfino no vax e terrapiattisti hanno trovato orecchie disponibili. Ma è evidente che se a parlare è la massima autorità europea si sarebbe tentati di accreditarle serietà e attenzione.
Comunque vada, resta incredibile che in simili momenti, anziché provvedere a elaborare un piano condiviso a livello europeo per le nuove regole che il turismo dovrà adottare (sì, è vero che poi ognuno farà per proprio conto, ma visto che il virus è uguale per tutti, almeno le linee guida essenziali igienico-sanitarie potrebbero valere ovunque), si finisca solo con il certificare l’agonia del settore, anzi se possibile a deprimerla ancor più. Le reazioni non si sono fatte attendere. C’è chi s’è detto “allibito” (Bocca, presidente di Federalberghi), chi ha definito quella frase “inaccettabile” (Stoppani, presidente Fipe e Colaiacovo, vicepresidente Confindustria alberghi), “incomprensibile” (Corti, Confcommercio turismo), e c’è anche chi ha definito la von der Leyen “depensante” (Vittorio Sgarbi, in tv).
“Stupisce che una delle massime autorità europee reagisca con battute improvvisate ad un’emergenza così drammatica, impattando nella devastazione di un settore, il turismo, che in Italia vale il 14 percento del pil” commenta Graziano Debellini, presidente del gruppo Th Resorts, amareggiato per l’uscita della von der Leyen ma anche per la recente sollecitazione del ministro Franceschini sugli incentivi al turismo nei piccoli borghi, “come se il virus amasse solo le spiagge e al contrario si tenesse ben distante dai paesini…”. Ed effettivamente, basti pensare a quanto successo a Vo’ Euganeo, il piccolo centro vicino ai Colli Euganei che fu anche una delle primissime “zone rosse” del contagio.
“In realtà – continua Debellini -, più che di uscite improvvide, ci sarebbe assoluta urgenza di capire invece le condizioni della riapertura. Noi siamo pronti, devono solo dirci il come. Oggi serve sapere il quando e le nuove regole, bisogna sostenere con la liquidità il ponte verso un rientro nella normalità, e occorre dare nuove competenze e formazione al turismo. Servono investimenti per rendere più attrattivo il mondo del turismo anche per i giovani, serve promozione, servono risposte. Lo ripeto: noi siamo pronti a ripartire, e lo faremo: se qualcuno vorrà indicarci le modalità necessarie saremo ben felici di adottarle”.